Modica: addio a Orazio Tona, simbolo della lotta alla SLA. L’attaccamento alla vita un esempio per tutti

Era il simbolo della lotta alla SLA in provincia di Ragusa ma non solo perché in questi anni il nome di Orazio Tona era arrivato lontano ed entrato anche nelle stanze del potere come quando aveva scritto all’allora Ministro della Salute Lorenzin per far rispettare i suoi diritti.

Oggi Orazio ha smesso di lottare ma il suo attaccamento alla vita resterà un esempio per tutti.

Orazio aveva solo 45 anni quando scoprì di essere affetto dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica, e da allora la sua vita e quella della sua famiglia cambiò per sempre. Era un uomo semplice, un muratore, sposato e padre di tre figli Giovanna di 17 anni, Gianni di 14 e Antonio di 4 anni, che da quel momento dovettero crescere in fretta e lo fecero vedendo quel gigante buono di 1.85 cm, che nessuno pensava si potesse mai piegare, giungere man mano alla completa paralisi di ogni singolo muscolo del suo corpo, fino alla compromissione dell’apparato respiratorio, della deglutizione e della fonetica.

Una vita che all’improvviso non sembrava più una vita e che poteva anche terminare nel giro di pochi anni dalla diagnosi della malattia ma ecco che il gigante buono decise che non poteva smettere di lottare, che doveva vedere i suoi figli crescere, diventare adulti ed essere felici nonostante tutto. E Orazio è riuscito nel suo obiettivo, oggi infatti i suoi figli sono diventati adulti e sono degli adulti speciali grazie al suo esempio.

Giovanna è stata sempre impegnata nel sociale per aiutare gli altri, sia con il Movimento Diritti dei cittadini che con l’associazione a tutela delle donne Ipso Facto. E questa forza è stato proprio suo padre a dargliela. Infatti Orazio ha dovuto lottare tanto non solo contro la sua malattia ma contro un sistema sanitario che non comprendeva i suoi bisogni e quelli dei malati come lui. Da qui come raccontavamo all’inizio la necessità di interpellare anche il Ministro della Salute semplice per ottenere ciò che gli sarebbe spettato di diritto ovvero un’imbracatura steccata che gli consentisse di spostarsi attraverso un sollevatore dal letto alla carrozzina ma che fosse adatta ad una persona adulta, atrofizzata, che non poteva stare dritta in posizione, alta un metro e ottantacinque cm e del peso di quasi 100 kg e non quello che gli era stato inviato adatto ad un bambino. E quella volta Orazio non solo fu ascoltato dal Ministro ma ottenne un importante risultato non solo per lui ma anche per gli altri malati di SLA.

Questa fu solo una delle battaglie portate avanti insieme alla figlia Giovanna. La sua casa era diventata un luogo di pellegrinaggio, tante, tantissime le persone che andava a trovarlo pensando di portare un po’ di conforto alla sua sofferenza ma rendendosi conto che accadeva l’esatto contrario ovvero che da quella stanza erano loro ad uscire con un dono speciale: la forza di andare avanti nonostante tutto. Questo è l’insegnamento che Orazio Tona oggi lascia non solo ai suoi figli, alla sua famiglia ma a tutti noi.

Ci piace riportare le parole della figlia Giovanna rilasciate qualche anno fa (era il 2021) in una intervista di Nele Vernuccio su disabili.blog

Da quella diagnosi sono passati 20 anni, in barba ai 5 anni che la malattia concede, non so se sia un miracolo, o altro, ma Orazio è qui con noi. Non posso dire che sono stati anni facili, sarei ipocrita e bugiarda, ci sono stati momenti terribili, inspiegabili, la malattia ha tolto tutto a papà, tanto a noi, costretti a sopperire per anni alle mancanze delle istituzioni,(mia mamma, pur avendo un minimo di assistenza è sempre accanto a lui ogni giorno h 24), ci ha devastato, lacerato dentro, ma ci ha insegnato, con il senno di poi, ad essere persone migliori ,ad apprezzare le piccole cose, a lottare per le cose in cui crediamo, e non arrenderci mai, come ha fatto papà in questi anni. Ad avere una vita normale, anche se di normale nella nostra vita non c’era nulla, e questo grazie anche alla nostra mamma, che ha sorretto tutto il nostro dolore, la nostra solitudine sulle sue spalle, ogni giorno, proteggendoci da una situazione disumana. Se qualcuno ci avesse mai detto che saremmo riusciti ad essere quello che siamo non avremmo mai creduto ad una parola. Ma così è stato… Orazio per noi è stato sempre e solo il nostro papà, con lui si scherza, si ride, si piange e si litiga come si fa con ogni genitore, la malattia non potrà mai scalfire questo, non potrò mai spezzare il nostro legame, la nostra simbiosi, il suo essere presente ovunque e comunque. C’era in ogni momento della nostra vita, in ogni sconfitta e in ogni sorriso… C’era 7 anni fa quando mi sono spostata, quando in una chiesa colma, lui fiero accompagnava stretto mano nella mano, la sua bambina all’altare, anche se in carrozzina e con il ventilatore polmonare, c’era quando, dopo anni di gavetta mio fratello Gianni ha vinto il concorso per insegnare, c’era in ogni tappa del piccolo Antonio, oggi diventato un ragazzo di 24 anni, e c’era e c’è tutt’oggi, con il viso pieno di gioia, quando un piccolo scricciolo, l’amore della mia vita, di quasi 4 anni lo ha chiamato per la prima volta, e continua a chiamarlo “nonno”, per l’esattezza ” nonno coraggio”.

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