Sicuri che nel nostro paese non si fa intelligenza artificiale?

L’intelligenza artificiale è già in studio tanto che da un sondaggio di Teh Ambrosetti il 70% dei professionisti è attivo con iniziative legate proprio all’implementazione delle nuove tecnologie legate all’AI.

di Salvatore G. BLASCO

Insomma l’intelligenza artificiale è una grande scoperta. Tanto è che la fiducia nell’utilità degli algoritmi arriva all’80%. Capisco che molti italiani non sono pronti all’impatto con l’intelligenza artificiale.

La paura  che l’intelligenza artificiale possa  sfuggire al  controllo dell’umanità ci sta in realtà distraendo dal vero obiettivo che è quello di trovare tutte le soluzioni perché l’intelligenza artificiale ci aiuti a risolvere i problemi.

Per allontanare questa paura sono tornato a parlare di intelligenza artificiale, dopo che in questo giornale (peraltro molto apprezzato in provincia e oltre), ho già pubblicato due contributi e dopo averne discusso a lungo con molti operatori.

Sulla base di un sondaggio, di recente realizzazione, il 54% degli italiani non si sente pronto sull’AI, mentre di contro il 59% ritiene che la politica debba intervenire sul suo sviluppo mediante norme e leggi.

Il governo a tal proposito e in generale tutti i decisori politici a qualsiasi livello, nella maggioranza e nell’opposizione, dovrebbero partecipare a una generale consultazione sul tema.

Questo non tanto, o meglio non solo per parlare dei rischi, quanto sulle opportunità dell’AI. Come ogni tecnologia nuova, che trasforma i vari business, deve essere usata e praticata.

Per fare questo si devono coinvolgere scuole, docenti e università. Insomma ognuno per il proprio ruolo dovrà sforzarsi di comprendere come usare al meglio l’AI.

E così devono fare  le imprese e gli enti pubblici. Ma soprattutto si richiede tanta attenzione da parte di chi decide e può favorire questi processi per la crescita e competitività dell’Italia.

Detto questo, e dopo avere parlato dei vantaggi per il lavoro dell’uomo, veniamo ora a parlare degli svantaggi dell’AI.

Mancanza di emozione e creatività.

Questioni etiche.

Meno lavoro per gli esseri umani, man mano che l’AI  diventa più comune nelle aziende, potrebbe  diminuire il numero di posti di lavoro disponibili, poiché l’intelligenza artificiale  può facilmente assumere compiti ripetitivi precedentemente svolti dai lavoratori.

Ciò a portato molti a chiedere al governo di imporre regolamenti per robot e intelligenze  artificiali.

Chi ha paura dell’intelligenza artificiale?

     Rispetto agli scenari sopra descritti, c’è chi ritiene ci siano delle vie d’uscita  per coloro che hanno paura dell’AI. Ecco qui a seguire.

     Secondo il prof James Wilson, la paura frena il progressoe pertanto è necessario rimuovere alcuni ostacoli  mentali per poter affrontare con serenità il tema dell’intelligenza artificiale.

     Il primo è rimuovere – una volta per tutte – la convinzione che i “robot” costituiscano una minaccia

 e che ci sostituiranno.

     Inoltre è il momento anche  di allontanare il pensiero dal rischio di “ robot killer “che si aggirano per le città sparando a chiunque.

Ci chiediamo In che modo i robot cambieranno la nostra vita?

 l’intelligenza artificiale segnerà la superiorità del cervello delle macchine su quello dell’uomo?

In merito alla relazione dell’uomo con l’intelligenza artificiale possiamo trarre qualche spunto di riflessione: si tratta cioè di giungere a una conclusione, ovvia per definizione,: nel caso dell’AI non esiste un traguardo da raggiungere, perché essa continuerà a svilupparsi e a crescere insieme all’umanità, ma sempre guidata dal cervello umano.

     Per dirla con le parole del prof  Paul Daugherty  (autore assieme al prof James Wilson ) del libro “ Human + Mchine: Reimagining Work in the Age og AI”, l’intelligenza artificiale non ha come finalità quella di distruggere l’umanità, ma lo scopo di affiancare l’uomo nello svolgimento di operazioni complesse, se non addirittura pericolose oggi eseguite dall’uomo.

     Secondo Daugherty questa paura sia stata alimentata negli anni anche da alcuni film come quello di Kubrick “ 2002: Odissea nello Spazio”, dove  Hal 9000, il computer in grado di governare l’astronave, bypassa il controllo umano e gli si rivolta contro.

     In altre parole i robot non nascono per sostituire l’uomo, al contrario contribuiranno allo sviluppo di nuove professioni oggi nemmeno immaginabili.

     Per chiudere questo contributo – allontanando le paure – diciamo che l’uomo dota la macchina degli elementi necessari al suo funzionamento e la macchina riduce la complessità della programmazione e permettere così di valorizzare creatività dell’uomo.

“Ci sarà sempre un divario tra le potenzialità della tecnologia legata all’AI e la realtà dei fatti.

 Possiamo correre il più veloce possibile, ma la verità è che il traguardo avanza dinanzi a noi”.

A questo punto non mi resta quindi  – prima di chiudere questa mia trilogia -chiedermi se è necessario che cominciamo a pensare (  noi tutti ) cosa rende umano l’uomo, prima che questa domanda ci venga posta dalla intelligenza artificiale.

 S.G.B

2002: Odissea nello Spazio, James Wilson, Paul Daugherty, robot killer, Teh Ambrosetti

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