L’esperienza del ragusano Di Quattro a “Radio Caterina”, nel lager con Giovannino Guareschi e Gianrico Tedeschi

( di Giuseppe Calabrese) –

Tra le storie dei deportati nei campi di concentramento nazisti, classificati come Imi (Internati militari italiani) e meglio noti come “schiavi di Hitler”, il caso di Salvatore Di Quattro è tra i più significativi in quanto testimone di una singolare forma di resistenza.

Mediante “Radio Caterina”, un apparecchio ricevente ad onde medie, chiamata così con molta probabilità in omaggio alla fidanzata di uno dei prigionieri, era uno specchio sul mondo che continuava ad andare avanti oltre il filo spinato. Costruita con materiali di fortuna, riceveva segnali dai microfoni di Londra, Berlino e Bari, permettendo ai reclusi in un lager di conoscere in anticipo l’andamento della guerra rispetto ai loro aguzzini. Fu Giovannino Guareschi a renderla celebre nel suo “Diario clandestino” ed in altre pubblicazioni  come il numero 11 del settimanale Oggi del 1946. Lo scrittore e giornalista descrisse nel dettaglio il modo in cui la radio fu costruita e il suo funzionamento durante la permanenza tra il filo spinato.

Prototipo di Radio Caterina col servizio su Oggi di Guareschi (Museo storico Giuseppe Beccari)

Quando intervistai Di Quattro molti anni fa, l’ex sottotenente di fanteria che aveva operato sul fronte greco, in particolare nel Peloponneso, mi riferì di <un giornale parlato> curato da Guareschi nel campo di concentramento “Stalag X B”, nei pressi della cittadina tedesca di Sandbostel, dove per iniziativa di alcuni internati, in particolare tecnici, radiotecnici e chimici, si diede vita all’esperienza di “Radio Caterina” attraverso la riparazione o la realizzazione di radioricevitori di fortuna . Uno strumento utilissimo per comunicare ai compagni di prigionia gli sviluppi della guerra e tenere sempre viva la speranza nella liberazione. Nella sezione destinata agli italiani le baracche erano disposte intorno al “laghetto”, una pozza di raccolta per l’acqua piovana, al quale dedicherà diverse pagine Guareschi, numerose fotografie Vittorio Vialli. Il “laghetto” divenne famoso per le barchette di carta utilizzate per annunciare la notizia dello sbarco in Normandia.

<A tenere alto il nostro morale – raccontò l’ex dipendente dell’Inps – contribuirono l’attore Gianrico Tedeschi e lo scrittore Guareschi (che furono insigniti entrambi della Medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti tra il 1943 e il 1945, n.d.a.), prigionieri insieme a noi a Sandbostel. Tedeschi era riuscito – aggiunse Di Quattro – a mettere su una compagnia di filodrammatica, mentre Guareschi ci proponeva il “giornale parlato”. A questi bisogna aggiungere un nostro conterraneo – concludeva l’ex internato –, l’avvocato Rosario Scifo di Vittoria, che ci intratteneva con le sue lezioni di diritto>. Tra i prigionieri dello “Stalag X B” c’erano inoltre il filosofo Louis Althusser, gli scrittori Gaston Aufrere e Leo Malet e molti altri ancora.





Una ricostruzione di Radio Caterina (Ignazio Secci)

E’ stato appurato che gli internati italiani riuscirono a nascondere in tutto otto radio clandestine nei vari lager, gran parte delle quali a Sandbostel: Caterina, Mimma, Teresina, Gea. Tre si possono ancora vedere a Padova nel Museo nazionale dell’Internamento (ex Museo dell’Internato ignoto): Caterina, Radio Cestokova e la galena di Zheithain. La sera del 4 novembre 1944, Radio Caterina trasmise per la prima volta Radio Londra, ma certe volte mandava in onda anche messaggi di fantasia al solo scopo di infondere coraggio e speranza ai reclusi. La Gestapo diede una caccia spietata alla trasmitente, ma non riuscì a trovarla. Altre radio clandestine vennero requisite e i proprietari puniti in modo esemplare. La “Caterina” veniva montata e smontata ogni volta, i pezzi nascosti in una gavetta, sul fondo di una borraccia.

I materiali poveri utilizzati per la realizzazione di Radio Caterina (theblackcoffee.eu)

Le radio erano realizzate con materiali di recupero. La valvola 1Q5 era l’unico componente non  costruito nel campo; mentre la leva di manovra del condensatore variabile non era altro che latta sagomata, verniciata con catrame. Inoltre, per la presa di antenna, terra e pile venivano utilizzati dei comunissimi chiodi, da cui partiva un filo di rame saldato a un pezzo di stagnola. Anche i condensatori fissi erano ottenuti da stagnola e cartine di sigarette e la resistenza fissa veniva  ricavata trattando la carta che avvolgeva i cubetti di margarina della razione quotidiana con grafite di matita. Bobine, antenna, sintonia, variometro erano essenzialmente composti da un portasapone da barba, filo isolato, cartone avvolto a cilindro e cera di candele.

Alcuni ufficiali addetti alla realizzazione di Radio Caterina (Museo dell’internamento di Padova)

Sempre in tema di materiali poveri, la batteria anodica era stata costruita con un astuccio rotto di una vecchia pila, venti monete da due soldi, altrettanti dischi di zinco ricavati dal rivestimento dei lavatoi, un ugual numero di dischi di panno ritagliati da una coperta, acido acetico ottenuto da barattoli di sottaceti e altro materiale. La cuffia era invece formata da un barattolo, un disco di cartone, i magnetini sottratti dalle bici dei tedeschi e filo isolato. Ma l’aspetto sicuramente più rocambolesco era rappresentato dall’antenna, che sfruttava il corpo umano, che è un ottimo conduttore. Il sottotenente Oliviero Olivero funse da “antenna umana”. Disteso sul telaio di un vecchio letto a castello nel magazzino del campo, Olivero teneva tra i denti il pezzo di stagnola con cui terminava il filo collegato alla presa dell’antenna e con una gamba penzoloni che alzava ed abbassava ne variava la capacità.

Le pessime condizioni di vita all’interno dello “Stalag X B” furono documentate dopo il 29 aprile 1945, tra gli altri in particolare da Guareschi. In sei anni, dal 1939 alla fine della guerra, furono internati nel lager di Sandbostel circa un milione di persone provenienti da 46 nazioni, 50.000 dei quali morirono di stenti, fame, malattia oppure uccisi. Di Quattro fu testimone di quell’inferno. Tra gli episodi da lui raccontati <la realizzazione di una bilancia rudimentale fatta di tanti piccoli piatti di cartone, quante erano le parti di pane, legati da fili di spago ad un’asticella di legno in modo che ognuno ne avesse la stessa quantità>. Senza considerare inoltre che già pochi mesi dopo il suo trasferimento nel marzo 1944 a Sandbostel <si verificò in estate – ricordò – un’epidemia di tifo da pidocchi, dovuta alla mancanza d’acqua>.

Elenco della Croce rossa sui deportati rientrati dalla Germania tra cui risulta il nome di Salvatore Di Quattro

Ma il lager in territorio tedesco non fu né il primo né l’ultimo per il sottotenente Di Quattro. <Dopo l’8 settembre – ricostruì l’ex internato – fui trasferito ad Atene, assieme a tutti gli altri ufficiali del battaglione facente parte della divisione “Cagliari”. Dalla capitale greca andammo a finire, poi, in Russia orientale vicino ai laghi “Masuli”. Il mio rifiuto di collaborare con la “Wehrmacht” (le forze armate tedesche, n.d.a.) mi portò – aggiunse Di Quattro – nel campo di concentramento di “Beniaminovo” nei pressi di Varsavia>. Dopo Sandbostel l’approdo all’ultimo campo di concentramento: <Ai primi di gennaio del 1945 fummo destinati al lager di “Wietzendorf” nell’Hannover. Riuscì a superare le difficoltà della prigionia – ammise alla fine – grazie al bagaglio di ordinanza che mi ero portato dietro dalla Grecia, barattato prima con i polacchi e, poi, con i soldati tedeschi>.

Giuseppe Calabrese

Foto di copertina: La radioa360gradi.blogspot.com

Diario Clandestino, Giornale parlato, Rosario Scifo di Vittoria, Salvatore Di Quattro, Stalag ZB

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