Nelle Cattedrali di Ragusa e di Noto celebrata la 32ma Giornata Mondiale del Malato

Le due chiese cattedrali di Ragusa e Noto nella giornata di ieri, 11 febbraio, memoria liturgica della Madonna di Lourdes, hanno celebrato la 32ma Giornata Mondiale del Malato.

Un forte momento di spiritualità per gli ammalati e per quanti si prendono cura di loro, ma anche di inclusività e socializzazione.

Le celebrazioni nelle rispettive sedi episcopali sono state presiedute a Ragusa da Mons. Giuseppe La Placa e a Noto da Mons. Salvatore Rumeo.

Inoltre, alla celebrazione hanno preso parte i gruppi UNITALSI diocesani con i rispettivi assistenti spirituali don Giorgio Occhipinti per Ragusa e don Nunzio Di Stefano per Noto. Presenti anche le numerose associazioni di volontariato che ogni giorno si prendono cura degli ammalati.

La Giornata Mondiale del Malato è stata istituita da San Giovanni Paolo II nel 1992, affinché diventasse per tutti i credenti un momento intenso di preghiera e condivisione.

“Non è bene che l’uomo sia solo. Curare il malato curando le relazioni“ è il tema di quest’anno scelto da Papa Francesco.

Il messaggio del vescovo di Ragusa: “far crescere la cultura della compassione”

A Ragusa nel corso dell’omelia mons. Giuseppe La Placa ha ricordato: “Quando ci si trova di fronte ad una persona malata, è facile notare come molti aspetti della sua esperienza di fragilità vengono aggravati da una condizione di solitudine di sentirsi abbandonato infatti rende spesso più debole la motivazione curarsi. La mancanza di compagnia per molti malati, soprattutto anziani, finisce per aumentare la loro sofferenza, rendendo spesso meno efficaci anche le terapie del dolore.“

Infatti bisogna tornare ad avere uno stile di vicinanza secondo l’esempio del Buon Samaritano. Icona che il Papa ripropone spesso per lo stile della vicinanza e della prossimità nella cura della persona malata. Siamo tutti inviati a sottolineato Mons. La Placa “a far crescere la cultura della compassione e della tenerezza per contrastare quella dell’individualismo e dell’indifferenza”.

Mons. Salvatore Rumeo: “Gesù mostra che Dio che non è indifferente”

A Noto la celebrazione ha visto anche la presenza dei portatori di San Corrado, visto che la città si prepara alle festività patronali.

Mons. Salvatore Rumeo nella sua omelia ha sottolineato nonostante si è celebrata la sesta domenica del tempo ordinario, il cuore era alla grotta di Lourdes. “Prendersi cura – ha aggiunto mons. Rumeo – delle persone sofferenti è un impegno a cui Gesù ci ha educato, soprattutto nel venire incontro alle necessità di chi ha bisogno.”

Durante l’omelia il vescovo di Noto ha richiamato il messaggio di Papa Francesco e ricordato figure di santità che hanno dedicato la loro vita al servizio del prossimo e del malato, come Raoul Follereau. Ha poi sottolineato mons. Salvatore Rumeo come “La malattia della lebbra era considerata un castigo divino, ma, in Gesù, il lebbroso può vedere un altro volto di Dio: non il Dio che castiga, ma il Padre della compassione e dell’amore, che ci libera dal peccato e mai ci esclude dalla sua misericordia. Così quell’uomo può uscire dall’isolamento, perché in Gesù trova Dio che condivide il suo dolore. L’atteggiamento di Gesù lo attira, lo spinge a uscire da sé stesso e ad affidare a Lui la sua storia dolorosa.”

Il Vescovo Salvatore Rumeo si è rivolto a tutti in primis agli ammalati, ma anche ai volontari che ogni giorno sperimentano “il prendersi cura” di chi soffre nel corpo. “Prendersi cura – sottolinea mons. Rumeo – vuol dire prendere la croce dell’altro e condividerla. Gesù mostra che Dio che non è indifferente, non si tiene a «distanza di sicurezza»; anzi, si avvicina con compassione e tocca la nostra vita per risanarla con tenerezza. È lo stile di Dio: e il cuore di Dio non ha confini”.

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