Economia, il contributo dell’esperto per capire “Conti pubblici e patto di stabilità”
( di Salvatore G. Blascco) – Quando si parla di livello e di indebitamento di uno Stato ciò che più interessa e il rapporto tra il debito ed il Pil poiché quest’ultimo è un buon indicatore della sostenibilità finanziaria dei conti pubblici.
Il 2024 sarà un anno di transizione in vista della vera partita, che si giocherà con la Legge di bilancio per il 2025.
Alludiamo a quando verranno alla luce i problemi connessi al rispetto dei parametri europei e all’obbligo della riduzione del deficit.
Insomma, per il governo Meloni, dal 2025 la partita da giocare si presenta difficile e complessa per via degli impegni, non indifferenti, previsti dal nuovo Patto di Stabilità e crescita.
Senza contare, che il 2024 sarà l’anno in cui le manovre fiscali a disposizione del governo dovranno misurarsi, purtroppo, con la necessità di non scardinare ( scompigliare) l’assetto dei conti pubblici, che poggiano ( secondo la teoria economica ) su precisi indicatori micro e macroeconomici quali: debito, deficit e Pil.
Ecco perché il 2024 è un anno per il nostro Paese in cui i conti devono reggere per evitare un sciagurata infrazione per deficit eccessivo, considerato il fatto che , la regola del 3% è rimasta in vigore anche con le nuove disposizioni validate lo scorso dicembre dall’Ecofin.
Ad agosto scorso il nostro debito pubblico ammontava a 2.840 miliardi. Un macigno che frena la nostra crescita, ma ancora di più rappresenta un grave fardello che lasciamo sulle spalle dei nostri figli e nipoti.
A differenza del debito, il rapporto deficit/Pil è previsto in calo: 5,3 per cento alla fine 2023, 4,4 per cento nel 2024 e 4,3 per cento nel 2025.
Tutto questo limiterà molto la manovra del governo per il 2025. Insomma i margini di manovra per il governo in carica sono ristrettissimi, probabile che gli obiettivi del deficit siano rivisti al rialzo.
Circa la manovra appena approvata per il 2024 diciamo che è stata nel complesso molto prudente ma con alcune sbavature.
Le nuove regole europei prevedono:
- Quando il deficit eccessivo supera il tetto del 3% del Pil occorre una correzione dello 0,5% del Pil annuo;
- Riduzione del debito per i Paesi che superano la soglia nel rapporto debito/Pil del 90% ( il caso dell’Italia) deve essere dell’1%.
Visto quanto sopra il governo Meloni ha due strade da percorrere: tagli alla spesa pubblica o aumentare le tasse, anziché diminuirle come nei programmi.
Qualcuno dirà che il nuovo Patto di Stabilità è un po’ rigido?
Forse ma la spesa è senza freni, lo vogliamo capire o no?.
Chiudo questa analisi dicendo quanto sopra che è un momento in cui l’Europa rischia la recessione.
A rafforzare questa ipotesi ricorro a quello che ha dichiarato mercoledì scorso 10 gennaio il vice presidente Bce Luis De Guindos: il quale ha confermato < la possibilità di una recessione tecnica nella seconda metà del 2024>.
Inoltre secondo i calcoli del Think Tank Bruegel, <la cosiddetta regola della salvaguardia per la resilienza del deficit per l’Italiaè proibitiva.
Per rispettarla servirebbe una correzione media di 12 miliardi all’anno per i prossimi sette anni>.
Detto questo mi auguro che la compagine governativa trovi scelte di politica economica adeguate al fine di uscire da questo difficile imbuto, certamente nell’interesse di tutti noi italiani.
Non ci resta che Incrociare le dita.
Salvatore G. Blasco
Bce, crescita, deficit/pil, Ecofin, Legge Bilancio, Luis De Guindos, manovre fiscali