Modica, a Santa Maria del Gesù si chiude Mediamatica: arte contemporanea e musica elettronica indagano la realtà

Il modo più istintivo ed anche il più comune, di solito, difronte ad un evento (specie se artistico) è quello di assistere, farlo accadere davanti ai nostri occhi, viverlo, e poi scriverne, poco dopo. L’iter del giornalista o chi per l*i, è questo: raccontare a caldo.

Questa volta invece prevale il bisogno di lasciar trascorrere qualche giorno, quasi a voler allontanare lo sguardo da ciò che si è appena visto, per metabolizzarlo, rifletterci sù e solo dopo, adesso, dare alle parole la voce giusta.

photo credits: Alessandro Spitale

Venerdì scorso si è concluso il mese di MEDIAMATICA, una rassegna di cui avevamo accennato il senso, organizzata dall’Associazione LAP, e che ha messo un punto alla sua prima edizione, terminando con l’ultimo dei quattro set sonori di musica elettronica, affiancati dalla mostra permanente all’interno del magico complesso monumentale di Santa Maria del Gesù, a Modica Alta.

“La risposta al nostro evento è stata ottima – ci racconta Francesco Lucifora, curatore e ideatore di Mediamaticainnanzitutto in relazione al tema proposto: arte e tecnologie, in questo caso sonore, perché questo è un numero zero che parte dal sonoro. La non abitudine, considerando che le persone in questa area geografica non sono abituate a, ha dato vita ad una risposta più che ottima: quattro appuntamenti spalmati uno a distanza dall’altro, quindi un festival espanso.”

photo credits: Alessandro Spitale

Un abituarsi a ciò che non è abitudine, e farlo attraverso la combinazione di sfumature artistiche contemporanee, che illuminano e riecheggiano sotto il segno di una riflessione sull’arte, e sui modi che i media ne fanno, di questa parola, poche lettere eppure un’infinita fonte di punti di vista.

“Mediamatica è un atto politico e artistico – sottolinea LuciforaArtistico nella misura in cui fa questa proposta di relazione arte-tecnologia, e politico perché spezza la modalità consona, quella più usata, come quella solita che vede il festival concentrato in quattro giorni. Invece, lo spalmare quattro momenti in un mese, abbastanza inconsueto come Settembre, uno a distanza dall’altro, è una volontà di formare ed educare. Così hai la possibilità di andare al primo appuntamento e metabolizzarlo, guardare il contenuto del secondo e decidere se andarci o no. Insomma, è un lasciare più libertà alla fruizione, ed anche educare. Lasciare stare il mordi e fuggi, il mangia e poi è finito tutto.”

Un inizio che ha avuto protagonista l’artista Alberto Boccardi (drone ambient/elettro/space/sinth) in “Petra”, poi KNARZY, aka Rebecca Iacono(IDM/techno/acid/dancefloor/live sinth) con “ACIDM”, successivamente Salvo Incardona aka “Agapanto” (pure synth/drum/live/elettro) ed infine il duo Hani Mojtahedy (Hjîroc) insieme a Andi Toma.

“Tutte performance sonore lontane dall’abitudine che ci porta a guardare al concerto tradizionalmente inteso – riflette Lucifora – Ogni focus ha avuto infatti una sua durata nel tempo, un inizio e una fine prestabilita dai performers che non sono più neanche musicisti. Considerato questo momento dell’arte mondiale contemporanea, che vive un po’ di apnea, di fatica, per mille motivi, ho voluto pescare quegli artisti che hanno conservato la purezza della performance.

photo credits: Alessandro Spitale
photo credits: Alessandro Spitale

L’ultimo dei quattro momenti, ha avvolto la platea non soltanto di suoni insoliti e loop ipnotici, ma anche di un messaggio che tocca il concreto della vita, con uno sguardo particolarmente attento alla situazione iraniana, di cui Hani Mojtahedy è portatrice. L’artista curda dodici anni fa ha abbandonato l’Iran, cacciata dall’impossibilità di potersi esprimere. Una rottura (obbligata) cruciale che inevitabilmente tocca la sua arte, portavoce di una ferma opposizione ad ogni tipo di soffocamento della libertà, nella sua accezione più larga.

“In scia della volontà che Mediamatica fosse un atto politico e artistico insieme – conclude Lucifora il duo era perfetto non per concludere ma per integrare e completare le tre proposte precedenti. Vedere un ceppo musicale e culturale centro-europeo, elettronico, quello a cui appartiene Andi Toma, che proviene da un progetto duraturo (Mouse On Marse), commistionato con la tradizione canora che ha radice in quella persiana, ormai scomparsa, e ripresa da Hani Mojtahedy, che è curda e che viveva in Iran: ecco la meraviglia del loro stare insieme. Questa combinazione ha supportato ancor di più il messaggio dell’artista curda che lotta per le libertà fondamentali di tutti.”

Del resto, non è forse questo il senso dell’arte ? Lasciarsi andare alle sperimentazioni di linguaggi performativi, di incontri di artisti, e prima ancora persone, che indagano con i molteplici mezzi del contemporaneo il nostro esserci, qui.

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