Modica, la difficile ricerca della verità sulle stragi mafiose di 30 anni fa. Fava: “Non c’è ancora una volontà deliberata di fare luce” (Video)

Le macerie, i detriti dell’autostrada di Capaci, saltata in aria trent’anni fa, insieme ai nomi che non hanno soltanto un volto ma una voce che risuona pure a distanza di tempo…li abbiamo davanti agli occhi.

Eppure, serve avere il coraggio di rimanere lucidi e da quella lucidità, comprendere, capire, e non lasciarsi andare ad un passato in quanto tale, bensì continuare ad interrogarlo, quel passato, che di spiegazioni, ne deve ancora molte.

Come promuovere coraggiosamente l’incontro di ieri sostenuto da Dolceria Bonajuto, Casa Don Puglisi, Fondazione di Comunità Val di Noto.

Trent’anni più avanti da quella stagione buia, che di esplosivi, intimidazioni e omertà, ha fatto i suoi ingredienti principali, Modica si regala un momento di riflessione, e lo fa attraverso un evento nato dall’idea di Pippo Pollina, cantautore palermitano, che alla sua musica trasferisce i valori di quel movimento antimafia, del resto il suo passato da giornalista è stato l’anello di congiunzione con cui sviluppare piena consapevolezza di quanto “il destino della Sicilia sia legato alla mafia”, come lui stesso racconta.

Ad accompagnarlo in questo viaggio tra “le verità nascoste e quelle rivelate”, insieme al giornalista Angelo Di Natale, c’è una personalità di spicco, che la mafia l’ha incontrata in vicende personali poi note a tutti, e continua ad incontrarla, combattendola ogni giorno: Claudio Fava, figlio del giornalista Giuseppe (Pippo) Fava ucciso da Cosa Nostra nel 1984, è giornalista, scrittore e politico, nonché Presidente della Commissione Regionale Antimafia.

L’incontro, moderato da Giovanni Denaro nella cornice della Chiesa del Soccorso, ha lanciato ai tanti partecipanti, dei preziosi spunti di riflessione, tutt’altro che sterili, proprio perché attorcigliati ad un fil rougeche vuole cercare le risposte a quesiti nati negli anni delle stragi, e ancora adesso irrisolti.

In una rapida ed utile disamina delle vicende accadute, ci si è soffermati ad osservare l’evoluzione di processi, depistaggi, silenzi, tutti cornice di un cerchio che non si è chiuso.

“Non c’è ancora verità – dice Di Natale – e non c’è giustizia. È chiaro quindi che si tratti di un fallimento collettivo lampante, perché la verità è stata costantemente nascosta, perché non c’è mai stata e non c’è ancora una volontà deliberata di fare pienissima luce, ed è uno scandalo italiano, non soltanto siciliano”.

L’abituarsi all’assenza di risposte diventa quindi l’errore più grande e pericoloso, come sottolinea a gran voce Fava: “Commemorare i morti, urlare alla legalità, non ha valore se non si agisce con azioni reali”.

Il paradosso di processi ed ergastoli costruiti a tavolino, che dalla verità si discostano anni luce, come dimostra il processo ‘Borsellino Ter’, nati con il palese intento di insabbiare, allontanare, fa emergere lampante il bisogno di continuare a cercare.

Del resto, la magistratura lo dice nelle proprie sentenzeche dietro Capaci, Via D’Amelio e altre stragi, ci fossero entità al di là di Cosa Nostra, eppure non si è ancora riusciti a svelare l’identità di queste ‘altre entità’.

Il’92 diventa uno squarcio nella pelle di questo Paesericorda Fava – che non può più far nulla. È in quell’anno che abbiamo perso l’innocenza: la mafia, nella sua capacità di eversione e di egemonia, rappresenta ufficialmente una minaccia alla democrazia, ai valori individuali e collettivi.

Poi però al silenzio di una mafia che si è inabissata, perché ha capito che la ferocia, il rumore, i fuochi d’artificio dei corleonesi, non pagavano, ci siamo abituati.

Come un lento, lieve, dolce, narcotico che ci ha fatto pensare che a tutto ciò ci si poteva abituare, e questa mafia continua a trafficare, a rastrellare denaro pubblico, a vincere gare d’appalto, non fa più il chiasso di una volta, non ci pone più difronte ai cadaveri straziati. Abituandoci, abbiamo perso la reattività del riconoscere, ci siamo nascosti dietro parole che sembravano salvifiche… come la legalità, dietro questa bandiera ci sentiamo di stare dietro le file dei giusti, ma da trent’anni aspettiamo di sapere quale pezzo della nostra società, delle nostre istituzioni, abbia utilizzato la ferocia e la determinazione di Cosa Nostra, per sbarazzarsi di due ostacoli che erano tali non soltanto per la mafia ma anche per altri interessi di tipo diverso: Falcone e Borsellino”.

Sul gap di verità insiste Claudio Fava, che alle nuove generazioni attribuisce la potenzialità di poter sollevare il problema e “guardare lì dove non guarda nessuno”, anche attraverso lo strumento del giornalismo, non quello che si definisce dentro etichette e che abita i social, quanto piuttosto il“fare le domande”,raccontare la realtà con occhi liberi da ogni tipo di condizionamento.

“Giovani o meno giovani – conclude Fava – tutti, dobbiamo fare scelte che siano sempre libere, perché l’unico modo di liberarsi da queste pastoie è eleggere i migliori, ma i migliori saranno tali perché sono liberi e perché il voto che li ha accompagnati è un voto autonomo, e su questo la Sicilia deve ritrovare se stessa fino in fondo”.

Marianna Triberio

angelo di natale, claudio fava, Giovanni Denaro, Pippo Pollina

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