Lo scrittore Michele Arezzo, fresco di Premio si confessa: “Ciò che scrivo sono morsi al quotidiano”

Imbambolarsi in un racconto, tanto da non capire se sono qui, seduta su una sedia e una penna in mano, oppure immersa nella storia che sto ascoltando.

L’effetto che accade quando inizi a parlare con Michele Arezzo è più o meno questo.

E non è cosa ovvia, anche se a parlare è una persona che delle parole, della scrittura, ne ha fatto qualcosa in più di un mestiere… “un’ossessione di tempo e di lavorìo -così la definisce lui stesso- per arrivare al risultato che voglio”.

Da otto anni molti dei suoi scritti abitano i palchi di tanti teatri italiani, come ‘Cemento Armato’, portato in scena a Roma da Cantine Teatrali.

È la sceneggiatura, scrittura invisibile per la scena, “un’iperdieta che allena a sottrarre ciò che è in più”, il suo inizio e il suo presente, accanto al suo scrivere che oggi sa di ‘Ninna Nanna per elefanti’, sua opera inedita, vincitrice all’unanimità del prestigioso Premio InediTO- Colline 2022 di Torino, sezione narrativa romanzo. 

Le parole si spostano da una persona ad un’altra, che sia attraverso la voce o la carta, hanno la capacità intrinseca di un moto andante… qual è il movimento delle tue parole ?

Quando scrivo è una cosa molto più intima…  scrivere è un movimento privato.

Ciò che scrivo sono morsi al quotidiano, non sono uno scrittore muscolare, in cui l’emozione è pazzesca… mi interessa molto di più raccontare i movimenti piccolissimi.

Quando invece parlo, a conferenze o iniziative che richiedono un movimento diverso, capisco di aver bisogno d’essere più seduttivo, aperto, proprio perché si tratta di un movimento pubblico, cercare quindi delle scene che possano includere di più.

Ho sviluppato un po’ di insofferenza verso i momenti iper-emozionanti in cui si cerca a tutti i costi la lacrima…mi piacciono invece le cose piccole, l’idea di riuscire ad infilzare qualcosa di potente attraverso una frase apparentemente semplice.

Sono convinto davvero che l’arte, più stia ad illuminare cose che in genere passano inosservate, più vale.

Sottolinei quanto il tuo sia un modo che vuole evitare la drammaticità emotiva, eppure capita chissà quante volte di dover affrontare il dolore, la fatica di quel quotidiano a cui sei estremamente legato.. in che modo si insinua nelle tue parole ?

Una grande regola che mi ha insegnato lo scrivere, cioè che nulla si affronta direttamente, se fai narrativa ovviamente, come al cinema, deve passare tutto per qualcosa di concreto.

Con le parole io cerco di fare questo: fermarmi sul bordo, prima che cominci il tutto, e magari usare frasi che ne convochino altre, perché un’altra vertigine dello scrivere è questo… lasciare spazio a chi legge.

Lontano da ogni tentativo di definizione, classificazione per generi, Michele Arezzo ci racconta l’evoluzione del suo processo artistico e del rapporto la sua positivissima ‘droga’ dello scrivere, palliativo con cui affrontare la vita e mestiere concreto, di cui poter vivere…

“A differenza di ciò che si crede, è possibile far quadrare i conti, per questo spero che nel mio piccolo io possa dare un po’ di speranza per quei ragazzi che vorrebbero intraprendere questa strada ma si soffocano, per paura di non farcela. Penso che mai come adesso sia chiaro a tutti che nulla è facile… oggi cos’è che non è complicato ?

Il rilancio culturale nasce anche dalla qualità dei sogni che un ragazzo riesce a fare. Ma i sogni tu li fai se vedi orizzonti magnifici… se vedi la mediocrità più nera oppure se ti calano dall’alto delle verità assolute senza farti capire, senza creare un dialogo… non può funzionare.”

Qualche giorno fa ha vinto il prestigioso Premio InediTO- Colline di Torino, per il quale è stato anche invitato a raccontare del suo libro ‘Ninna nanna per elefanti’al Salone di Torino.

Un premio che inorgoglisce, non soltanto per l’unanimità con cui è stato assegnato, ma soprattuttoper il sostegno concreto alla pubblicazione dell’opera inedita, scritta dal buio del primo lockdownche racconta la storia di un ritardo, di uno scivolamento da sé…

“Siamo tutti un po’ in ritardo, sono pochi i momenti in cui stiamo dentro di noi e ne siamo consapevoli… questo libro parla di una storia molto piccola: un uomo che decide di buttarsi sotto un autobus senza però avere l’intenzione di suicidarsi. Perché farlo ? È da questa domanda che si sviluppa tutto, e non è importante la risposta, piuttosto il percorso per averla.

Non è un libro filosofico, mi piaceva l’idea della provocazione, immaginare una follia.

Del resto, non credo che le storie stiano per forza nelle storie enormi…penso che la vita comune sia una delle cose più appassionanti del mondo ed è fatta di robe minuscole. In questo libro ho portato questo.”

Uno sguardo sulla vita che è fatto di attenzione a ciò che ai più può sfuggire, quei minuscoli dettagli che creano la magia, è poi ciò che cerca di trasmettere anche ai tanti ragazzi di ‘Fabbrica Pehnt’, laboratorio di scrittura da lui ideato, in cui “prestare una lente con cui guardare il mondo, i giganti della scrittura, per lavorare sulla parte artigianale di questo lavoro”.

La volontà di superare lo spazio di un foglio, lo porta a dare vita a ‘Piramidi’, una serie podcast, e ‘Sonnambuli’, nato dalla commistione di idee tra Arezzo e il giornalista Fabio Manenti, un club letterario notturno che fa rivivere Ragusa in una maniera del tutto inaspettata, come del resto è inaspettato il luogo in cui ci si incontra, ogni volta diverso, ogni volta svelato ai partecipanti solo un’ora prima dell’evento stesso.

Un format assolutamente inedito e vincente, come dimostra la partecipazione sempre più vasta di cittadini ragusani e non, che sottolinea il desiderio comune di condivisione, di ascolto, di scoperta di storie e racconti, fatti reali e musica, senza la formalità di un teatro, spesso gabbia più che orizzonte…

“L’idea che si debba parlare di cultura per forza dandosi certi toni, ha perso definitivamente. Far muovere la gente al buio, fargli conoscere luoghi della città sconosciuti, abituarli a non apparecchiarsi, farli sentire liberi di poter venire in pantaloncini, sedersi per terra e sentir parlare di Proust. Significa prendere un gesto e togliergli tutta la cornice che può raggelare. Mi piacerebbe che questo progetto possa toccare altre città, altre persone…”

Marianna Triberio

Fabbrica Pehn, Ninna Nanna per elefanti, Premio InediTO- Colline 2022, Sonnambuli

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