Scatti del secolo scorso che evocano, ricordi, suoni e profumi nel libro “Bianchi, neri e grigi di Modica”

Presentato il volume curato da Angelo Barone ed Emanuele Fidone, testimoni di quel tempo

Modica alla fine degli anni ’50… basta questo input per rievocare in moltissimi, frame mentali di immagini, ricordi, suoni, persino profumi che appartengono ad un periodo poi non così distante da noi, se a misurare il tempo fosse solo lo scandire gli anni, eppure un periodo lontanissimo in termini di modi di vivere ed elementi urbanistici.

È il tempo storico appena rievocato, a cavallo tra i ’50 ed i ’60, ad essere fissato negli scatti fotografici raccolti in “Bianchi, neri e grigi di Modica”, libro curato dallo scultore Angelo Barone e dall’architetto Emanuele Fidone, entrambi modicani, entrambi testimoni di quel tempo storico che attraverso queste foto, torna ad essere presente.

Il Foyer del Teatro Garibaldi ha dato spazio ad una presentazione del lavoro svolto dai due studiosi e al tempo stesso ad un dibattito vivace ed interessante.

Le immagini fissate in bianco e nero diventano infatti un punto di partenza per il nostro presente, come sottolinea Fidone: “Il rapporto con il passato non vuole essere nostalgico – dice – quanto piuttosto propositivo, perché è dal passato che si hanno indicazioni utili per capire quali errori non commettere più, quali elementi positivi portare ancora con sé nel presente”.

Un testo visivo dalla capacità di far riflettere su una città che, proprio in quegli anni, ha vissuto il passaggio radicale ed irreversibile da città arcaica a città moderna. Immagini evocative, a tratti suggestive, ritraggono la città vista dall’alto, per poi planare su monumenti e sulla materia viva, fatta di persone, di tradizioni, in quel rapporto uomo-natura, ben visibile dalla relazione fortissima con la roccia, che oggi si è perso completamente.

“Oggi siamo smarriti – dice Fidone – nelle nostre città del Sud prevale la vergogna di ciò che siamo stati, quando invece servirebbe avere il coraggio di ripartire proprio dalle nostre origini per ricostruire un’identità necessaria per il futuro”.

L’interrogativo nasce spontaneo: esiste una memoria della città ?

“C’è un buco nero – riflette Barone – un vuoto nella storia della fotografia di questa parte di Sicilia, e questo vuoto porta con sé l’inconsapevolezza di ciò che siamo stati, ecco perché reputo necessario un archivio della città, parallelamente ad un’azione educativa, per costruire la memoria”.

Tanti i temi collaterali, balzati fuori spontaneamente, come conseguenza diretta del dialogo tra i due autori, a cui, sul finale dell’incontro, si è aggiunta la voce dal pubblico di Maria Monisteri, assessora al turismo, allo sport e alla cultura del Comune di Modica. La sua presenza ha alimentato la partecipazione attiva di tanti cittadini presenti che hanno voluto esporre la propria opinione in merito al turismo non controllato che sta rendendo Modica una cartolina, abbuffata di orpelli che in realtà la appesantiscono, allontanandola dalle sue radici e da una valorizzazione di qualità.

Il dibattito diviene dimostrazione palese di quanto la città abbia bisogno e ricerchi occasioni di scambio vivo con le istituzioni, spesso e volentieri sorde ad ogni tentativo di dialogo.

“Manca il sentirsi modicani – evidenzia l’assessora Monisteri – vedo Modica come una signora anziana ereditiera che non investe il suo patrimonio, rimanendo trascurata. La ricostruzione deve partire da ognuno di noi e mi auguro che, a partire da occasioni come questa, si possa ritrovare il senso di essere modicani”.

A partire da chi, dell’essere modicano, ha fatto il suo tratto distintivo e per il suo operato, difficilmente riassumibile in poche righe, è ricordato con enorme gratitudine: Franco Ruta, “complice indimenticabile e parte viva di questa raccolta di cartoline”, afferma Barone.

A lui, appassionato di fotografia e mediatore di mondi e modi diversi, è infatti dedicata l’opera.

“Ho preso un impegno con mio padre – commenta il figlio Pier Paolo – che riguarda la memoria, una memoria non soltanto rivolta a se stessi. Una delle nostre colpe è l’autoreferenzialità, quindi riuscire attraverso il passato, a trovare soluzioni, ricette, per il nostro presente, credo sia importante. È un’emozione pensare che lui abbia costruito ponti, relazioni tra campi diversi, che poi è ciò che manca a livello sociale nella nostra città”.

Marianna Triberio

Angelo Barone, Emanuele Fidone, Franco Ruta, Maria Monisteri, modica, Pier Paolo Ruta, Teatro Garibaldi

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