DAD o non DAD, questo è il problema … Cosa diresti tu carissimo Gianni Rodari

Io ti immagino attraversare il tuo pensiero unico e restare per questo troppo solo, a volte. Arrabbiatissimo per come i bambini vengano sempre dopo. Ancora oggi. Qui sono pochissimi a chiedersi cosa sia per un bimbo o una bimba fare un tampone; cosa sia per loro guardare negli occhi dei propri genitori e chiedersi se saranno la causa per la quale mamma , o papà, o il fratello e la sorella maggiore non potranno andare a lavoro, ma dovranno rimanere in quarantena. Pochissimi a chiedersi cosa sia per i piccoli e meno piccoli, ascoltare le telefonate continue ai pediatri per saper come devono comportarsi. Pochissimi a domandarsi cosa sia ascoltare le telefonate smorzate dalla fretta e dall’ansia di capire perché si attende così tanto per un esito del tampone, per cercare i laboratori pubblici affollati o quelli privati troppo costosi, in barba al tariffario regionale; cosa sia la paura nel sentire che la nonna non trova un posto in ospedale; cosa sia non poter capire perché tutto cambia da un giorno all’altro troppo in fretta, come l’umore delle madri e dei padri. Manchi. Manca la tua idea della scuola come luogo in cui si riesce a pensare, a trovare il nucleo del problema e a scomporlo. Manca il Naso dei tuoi racconti per fiutare i pericoli, per fiutare lo scenario del prossimo Natale, per fiutare le urgenze massime.

In un tempo in cui la curva dei contagi di coronavirus sale all’impazzata e i medici urlano quasi alla resa, qui si pongono il problema dell’apprendimento che deve continuare a tutti i costi, della socializzazione con le mascherine in una classe a un metro di distanza e igienizzante ovunque. Qui al Sud , a volte, per difendersi dal virus si lasciano porte e finestre aperte dentro le scuole. Ma quando c’è freddo e piove a dirotto che si fa? La scuola non è cambiata tanto dai tuoi tempi caro Gianni, perché la scuola è un luogo per tutti. E i luoghi per tutti hanno sempre una così bassa attenzione… Lo spazio è ancora troppo poco e i bimbi sono sempre tantissimi e gli insegnanti molto soli… Credo che tu avresti già trovato una soluzione a tutto questo, avresti coordinato le grammatiche della fantasia di tutti gli insegnanti da Nord a sud e viceversa. Forse, avresti dato di matto nel sentire di bambini fermi e composti con le mascherine per molte ore di seguito, tu che dentro le classi hai insegnato ai bambini a pensarsi albero, vento, luce: che non è il teatro ma è altro, perché parla il linguaggio magico dei bambini e non degli adulti, perché dell’arte dentro le scuole ne avevi scoperto il senso. Perché se ci fossi tu, forse tutti gli insegnanti sarebbero insorti con una sola voce e chi comanda avrebbe vergogna a lasciare le biblioteche, i teatri, i cinema, i musei tutti chiusi e le fabbriche delle armi e dei prodotti petroliferi aperti, in questo mondo dove gli orsi polari non hanno più una casa, ma tutto sta diventando acqua senza ghiaccio, liquido come le relazioni sociali in una società torbida. Perché forse, se ci fossi tu il problema dei genitori senza poter portare il pane a casa sarebbe l’argomento del giorno da discutere e da risolvere, attorno alle scrivanie di chi dice che i problemi, sono solo gli stranieri tutti violentatori e assassini. Attorno ai tavoli si discuterebbe di come anche gli stranieri a casa loro, vorrebbero mangiare il pane senza scrostare da sopra il sangue delle guerre armate dai forti e dai ricchi.

La pietas per i bambini dentro le scuole e dentro le case ancora oggi manca: si vogliono robot stipati tra sedie e banco e guai a chi starnutisce. Quella pietas che dovrebbe produrre bizzeffe di filastrocche sugli sguardi e sugli abbracci mancati a tutte le età, anche dietro i pc; dovrebbe produrre centinaia di cartine geografiche per capire i viaggi del virus, per imparare la geografia e insegnare a casa a parlare della realtà affrontandola con leggerezza, ma con la consapevolezza delle responsabilità di tutti, con la coscienza che siamo tutti umani e i confini in nome dei quali si nega la solidarietà e il bisogno, sono solo per chi ha la mente piccola.

Chissà se avresti chiesto ai bambini come passano il tempo i medici e gli infermieri dentro gli ospedali, a chi sarebbe piaciuto guidare l’autombulanza, come potere fare arrivare l’affetto ai nonni che non si possono abbracciare, come poter difendersi dal mondo confusionario degli adulti, che leggi avresti chiesto di elencare ai bambini. Ne sarebbero nate idee assurde e assolutamente adatte al momento. Ti immagino così carissimo Gianni Rodari sempre dalla parte degli ultimi, dei disprezzati, degli invisibili, dei bambini e delle bambine di tutto il mondo. Manchi.

Arianna Salemi

Gianni Rodari

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