Modica

A Modica c’è incomprensione tra sacerdoti nuovi e anziani, quest’ultimi definiti “il tumore della diocesi”

E’ questa la Diocesi che troverà il nuovo Vescovo?

Il racconto del vice parroco di San Giorgio, salito con i piedi sull’altare per benedire i fedeli con la reliquia della croce, sembrava essere un episodio isolato, un errore che può capitare per inesperienza o spinti dalla voglia di farsi ben volere all’interno di una nuova comunità, tant’è che erano arrivate prontamente le scuse, addirittura tramite Mons. Staglianò che aveva garantito che Don Rocco, questo il nome del sacerdote in questione, fosse pentito del gesto fatto e avesse chiesto perdono.

La cosa si sarebbe potuta chiudere li se non fosse stato che, alcuni commenti all’articolo, e ce ne sono stati davvero tanti,tra cui una lettera che criticava il gesto, mentre quasi tutti a difesa di Don Rocco, che rischiava di diventare Santo prima del tempo, hanno sollevato in noi alcuni dubbi e curiosità.

Ad esempio, ci ha molto colpito il commento di Don Stefano Modica, attuale parroco della Madonna delle Grazie e di Sant’Anna. Don Stefano, riferendosi alla lettera che avevamo pubblicata non firmata, scrive: “Magari i laici scrivessero queste cose! Immagino solo, riconoscendo la penna di qualcuno, come lo scritto sia di un prete inquieto…Povero uomo!”

Noi possiamo solo immaginare a chi si riferisca Don Stefano, in fondo viviamo a Modica ed è facile giungere a conclusioni e certamente Don Stefano lo sa bene ma, una cosa forse gli risulta poco chiara che, a chiunque si riferisca, il fatto di apostrofare un suo ‘collega’ “prete inquieto” o addirittura “povero uomo” lascia certamente basiti.

Abbiamo quindi intuito che, dietro questo commento c’era di più, non solo perché fuori luogo (noi abbiamo certezza della provenienza della lettera-email con tanto di nome e cognome del mittente) ed in fondo, dovrebbe sapere bene che il principio della fede è quello di credere sulla parola, ad eccezione di San Tommaso, ma soprattutto perché è un commento offensivo e questo, dimostra che spesso, forse, si predica bene ma si razzola male.

Ed in effetti abbiamo scoperto che a Modica è in corso una sorta di ‘crociata’ tra preti giovani e anziani in cui i primi (non tutti per fortuna e ci teniamo a sottolinearlo) hanno fatto terra bruciata nei confronti dei più anziani estraniandoli perfino dalle parrocchie che hanno guidato da sempre.

Gli spostamenti voluti dal Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, al termine del suo mandato, hanno quindi avuto lo scopo di ripulire la chiesa da quello che qualcuno di questi giovani preti si è permesso di definire il “tumore della diocesi” riferendosi chiaramente a tutti quegli anziani sacerdoti che, a loro dire, in passato, si sono fatti i loro “comodi a danno delle parrocchie e dei fedeli”.

E questa espressione, non è frutto della nostra fantasia ma pare, così almeno c’è stato riferito, sia stata scritta in una chat creata dagli stessi sacerdoti di Modica, nata inizialmente per comunicazioni di servizio e che poi, come nelle migliori tradizioni delle chat di gruppo, ha tirato fuori il peggio di qualcuno di loro, diventando anche cuttigghiu.

Esisterà davvero questa chat? Non lo sappiamo. Noi crediamo di si e crediamo anche al fatto che questi giovani sacerdoti, dietro questa voglia di apparire tradizionalisti più di quanto lo fossero i predecessori, nascondano dietro l’abito talare una profonda fragilità, figlia della società moderna di cui sono la rappresentazione.

Convinti, come d’altronde i loro coetanei, che tutto ciò che è vecchio vada distrutto senza alcun rispetto per le tradizioni ed il passato.

Forse si sentono investiti di una missione, quella per la quale sono venuti, o forse sarebbe più corretto dire che sono stati mandati: salvarci dal male. Ma da cosa o da chi è rappresentato il male?

Da alcuni anziani sacerdoti che reclamano solo un po’ di rispetto per quello che hanno rappresentato a Modica? Modica che, lo ricordiamo è da sempre stata il fulcro della Diocesi di Noto, ma anche, in passato, il vicariato più spumeggiante, capace di dibattere con la società civile su grandi temi sociali e politici. Basti ancora pensare che su 86 sacerdoti che fanno parte della circoscrizione vescovile, 28 si trovano a Modica, mentre nella vicina Scicli ce ne sono solo 7!

Capite quindi che Modica, ha avuto e continua ad avere, un peso religioso importante che non può e non deve essere cancellato. Ovviamente poi ci sono parrocchie che rivestono una certa importanza come San Giorgio, San Pietro, La Madonna delle Grazie, il Sacro Cuore che rappresentano non solo il potere religioso ma anche quello politico ed economico della città.

Guidare oggi, quindi, queste parrocchie significa, anche, prendersi una certa responsabilità ma di contro avere anche un certo prestigio.

E’ vero che nel passato sono stati commessi degli errori, ma come si dice sbagliare è umano perseverare è diabolico. Lo stesso Vescovo ha scritto “Tutti siamo tenuti a perdonare, e non giudicare secondo l’ammonimento di Gesù: “come giudichi la pagliuzza del fratello tu che hai travi nel tuo occhio”?”

Ecco invitiamo il Vescovo a far si che queste parole arrivino anche a queste pecorelle (smarrite?), per usare un’espressione molto cara alla religione, a cui forse ha dato un compito troppo grande per le loro capacità, quello di rivoluzionare la chiesa modicana, senza però ricordare loro che non sono solo semplici burocrati ma testimoni credibili del Vangelo e che prima di ogni cosa devono obbedire alle sue regole che includono il rispetto degli altri, il perdono, la carità, l’accettazione delle diversità, la difesa dei più deboli.

Non è ammissibile che un sacerdote pronunci parole di odio, disprezzo, rabbia e di offesa nei confronti di un altro essere umano e a maggior ragione che si tratti di un altro sacerdote, un confratello.

Il Vescovo ha chiesto di “non essere dimenticato” e noi non lo faremo se prima di andar via porrà fine a questa poco edificante situazione, richiamando i più giovani al rispetto dei più anziani, che a loro volta devono essere consapevoli della necessità di fare un passo indietro, conservando però la propria dignità e mettendo a disposizione la loro esperienza per guidare i più giovani perché si può pensare al futuro solo guardando al passato sia per prendere ciò che di buono è stato fatto, sia per evitare di commettere gli stessi errori.

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  • La Chiesa che troverà il nuovo vescovo (benedetta sia la sua persona che è già nel cuore di Dio) è quella dei tanti cantieri educativi e dei servizi di accoglienza per i più poveri disagiati e migranti che attraverso la nostra Caritas (la quale più volte ha rappresentato la Caritas italiana ad incontri internazionali) sono disseminati in Diocesi. Troverà luoghi e tempi in cui le opere di misericordia corporale sono state e sono (pur con tanti limiti) realizzate grazie alla fede di tante donne e uomini che hanno deciso nel loro cuore di non essere solo cattolici convenzionali, ma cristiani cattolici. Troverà parrocchie organizzate dove la gente si ritrova per pregare e vivere l'Eucarestia e si confessa e prega, riunite in comunità di parrocchie per diventare più missionarie nell'attenzione ai bisogni del territorio umano che è comune. Troverà un presbiterio "unito" intorno a Lui per via del sacramento dell'ordine che li costituisce e determina e per il quale ogni prete è "sacramentum del bel pastore che dona la vita per le sue pecore", al di là e oltre certe dialettiche interne, spesso necessarie per il discernimento sul da farsi nella vita della chiesa e,talvolta, contro e in faccia agli screzi personali che possono sorgere tra preti.
    Nel merito delle faccende di Modica, sottolineate dall'articolo, l'interpretazione che vede in contrapposizione "preti giovani" e "preti adulti" è falsa... essendo gli attori citati non più di due. Resta il disagio di giudizi sommari e generalizzanti che si autodemiliscono di per sé. Nessuno infatti può scrivere che "i preti anziani" sono il "tumore della Diocesi", perché sono stati proprio loro a consegnarci nella tradizione una Chiesa dinamica, interessata alla vita della gente etc (per cui evidentemente quella definizione così cruda non si può riferire ai preti anziani, ma rientra nel quadro di rancori e disarmonia personale tra pochissimi soggetti). Allo stesso modo non si dovrebbe indicare i preti giovani come malati di clericalismo, semplicemente perché sembrano amanti di pizzi e merletti e di cerimonie ben curate, sia perché non tutti ovviamente lo sono davvero e sia perché non è il cerimoniale o "come uno si veste" a produrre un giudizio di clericalismo ma quello che si fa operativamente nello stringere in modo sempre più forte il legame tra liturgia e vita, tra preghiera e carità. Tanto più che il significato di clericalismo (proposto da papa Francesco e che davvero rappresenta un "tumore" della spiritualità del presbitero) non è tanto legato a segni esterni (che pur potrebbero essere degli indizi ma non delle prove), quanto piuttosto alla posizione di privilegio che il presbitero potrebbe "sfruttare" per farsi i fatti propri. Tante meditazioni di Sant'Agostino ammoniscono su queste possibilità di succhiare il latte alle pecore senza aver cura di loro se sono malate o ferite. Ora su questo punto -uscendo ovviamente dal chiacchiericcio del cortile come dal veleno del prurito dell'orecchio e della lingua- tutti sanno tutto dei propri sacerdoti e possono giudicare se sono o sono stati malati di clericalismo. Per i preti giovani il loro giudizio si baserà su meno tempo, rispetto alla lunga vita dei più anziani. Resta il fatto che ogni giudizio dovrà cristianamente obbedire all'ammonimento di Gesù quanto "al donare misericordia nel giudizio". I confratelli presbiteri della Diocesi di Noto dovrebbero ritornare a meditare possibilmente quella Lettera ai presbiteri intitolata "Come corde alla cetra" (spero che a suo tempo sia stata letta e meditata), mentre da tempo auspico che sorga in Diocesi un "Servizio diocesano per la correzione fraterna" secondo le linee indicate dal Vangelo stesso, perché le "critiche", le polemiche o anche i "litigi" possano trovare un canale per la loro immediata dissoluzione e possano paradossalmente servire all'edificazione della Chiesa e non alla distruzione della comunione. Preghiamo per il nuovo vescovo affinché il Signore gli dia lo spirito di pazienza e il coraggio di soffrire tanto per l'unità e la comunione del presbiterio.
    +Antonio Staglianó (amministratore apostolico di Noto)

Published by
Mariacarmela Torchi