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Dopo nove mesi il team di Medu operativo negli Hot spot di Pozzallo e Ragusa

Riprendono le attività del team psicologico di MEDU, medici per i diritti umani, presso l’hotspot di Pozzallo.

Dopo nove mesi di attesa del rinnovo del protocollo di intesa da parte del Ministero dell’Interno, il team di MEDU in Sicilia è stato di nuovo autorizzato ad accedere agli Hotspot di Pozzallo e Ragusa (Contrada Cifali) per prestare la propria opera di assistenza medico-psicologica ai migranti e i rifugiati sopravvissuti a tortura e violenza intenzionale.

Gli operatori hanno incontrato un gruppo di 24 ragazzi, tutti minori non accompagnati e provenienti dal Bangladesh, i quali erano partiti alla volta della Libia perché gli era stato promesso un lavoro.

I migranti provenienti dal Bangladesh sono spesso vittime dei trafficanti: viene loro promesso un lavoro sicuro, per cui molti si indebitano per questo viaggio della speranza e per risollevare le sorti della propria famiglia. Partono dal Bangladesh, passano per Dubai e per l’Egitto e poi arrivano a Bengasi e il lavoro spesso non c’è.

Gli operatori raccontano di M., un ragazzo di 17 anni, che ha fatto una rotta un po’ diversa. Partito dal Bangladesh è arrivato in Qatar, passato per l’Oman, Istanbul e poi appena giunto a Tripoli, è stato rinchiuso in un carcere non ufficiale.

M. racconta ai medici: – Mi hanno chiesto dei soldi e mi hanno torturato, mi hanno versato del cibo caldo addosso, mi hanno picchiato.- Ha Mostrato le bruciature sul fianco e ha pianto mentre parlava. Vorrebbe sentire i genitori perché ha paura che pensino che lui sia morto, ma in questo momento non ha i mezzi per contattarli.

Il team si è recato al porto di Pozzallo per lo sbarco dei migranti dalla nave quarantena gestita dalla Croce Rossa Italiana. A bordo 577 per la maggior parte di nazionalità tunisina e bengalese.

“Molti di loro, giovanissimi e indossano pantaloncini e magliettina lasciando intravedere le cicatrici e i segni della scabbia” racconta Anna Dessì, psicoterapeuta di Medu.

“Non riusciamo a parlare direttamente con loro perché la discesa è veloce e vengono fatti salire nei pullman che lì porteranno nei centri di accoglienza per richiedenti asilo in varie parti d’Italia, dicono i medici.

“Noto un ragazzo claudicante con una grossa cicatrice sulla gamba proveniente dal Bangladesh, osservo un ragazzo molto giovane anch’esso proveniente dal Bangladesh che appare disorientato e perso, un altro ragazzo senza dita. La mia esperienza nel campo mi rimanda ai momenti di sofferenza che questi ragazzi possono aver vissuto in Libia dove le persone continuano a essere detenute e torturate a scopo di estorsione.

Il lavoro di MEDU e di altre associazioni volontarie rischia di essere inutile se non in questa era ipertecnologica, in cui si investono milioni in armi non si riesce a dare un’esistenza dignitosa agli esseri umani senza che si avventurino oltremare, diventando oggetti nelle mani di gente senza scrupoli.

Arianna Salemi

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Redazione