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Vittoria, un disabile muore circondato da imbecilli a caccia di emotions

Vittoria – Immaginate di essere a passeggio,in un giorno come tanti. Avete la mascherina, la giacca nuova, il profumo indosso. Aggiungete un particolare: una sedia a rotelle. La vostra. Vi muovete con difficoltà trovando i parcheggi sempre pieni, anche se la tabella indica che il posto è riservato alle persone con disabilità. Imprecate ma andate avanti e fate lo slalom tra il traffico perché sui marciapiedi c’è di tutto: bidoni della spazzatura, macchine parcheggiate di traverso, cartelloni pubblicitari. Imprecate ancora, ma continuate ad andare avanti perché la vita ve lo ha insegnato. Restate sempre la persona che siete, continuando a indossare la dignità di essere umano insieme alla mascherina. Pensate che ci sono ben altri virus per i quali la medicina e le mascherine sono impotenti: malattie come l’imbecillità di chi vi fa sentire limitati, perché non avete le mani o le gambe o la velocità nel parlare; malattie come la discriminazione, perché in una catena produttiva siamo tutti ingranaggi e dobbiamo essere veloci per incastrarci al meglio.

Immaginate che con mille difficoltà, avete fatto in molto tempo le cose, che gli altri fanno in due minuti. Immaginate che tutto sembra sia andato comunque bene ma ad un tratto la carrozzina si capovolge e voi restate lì: inerme, sentite che sta per arrivare la fine, ma nessuno viene ad aiutarvi. Però vi accorgete di avere tanta gente intorno e la guardate  questa umanità che non fa meno schifo di ieri, di quella che vi ha tolto il posteggio, che ha occupato gli scivoli sul marciapiede, di quella che non ha progettato gli uffici al primo piano, gli ascensori per arrivare ovunque, i bagni quando siete in giro. Sentite che la guardate per l’ultima volta questa disumanità e vi chiedete cosa avete fatto di male, perché la gente non vi chiede se vi serve aiuto. Vi domandate cosa è successo nel tragitto da casa vostra a quel preciso momento, del perché la gente sembri peggiorata, morta, con quei telefoni accesi sui di voi. Per il loro cuore non c’è più nulla da fare, per il vostro ce ne sarebbe di tempo per rimetterlo in sesto! Vi chiedete se esiste Dio e perché non fa qualcosa. Ma Dio è lontano forse, ha più strada da fare. Loro sono tutti lì. Non fanno nulla a parte mandare in diretta te che muori. A parte farlo scoprire così ai tuoi parenti. A parte richiamare l’attenzione delle forze dell’ordine che, per caso passano di lì. Verso la fine vi accorgete di essere in buona compagnia  di tutti coloro che non ci sono più e che ,forse,  hanno avuto l’onore di essere in cronaca nera. Un onore funereo e passeggero come la morte. E nel vostro andare via restate dell’idea che l’Umanità non si è ancora estinta, perché sapete che per quanto ci siano centinaia di persone capaci di non salvare una vita vicino ai loro piedi, ce ne sono altre centinaia che sono morte, che muoiono e che morranno per salvare uno sconosciuto, senza guardare alla sua carrozzella, al colore della sua pelle, alla sua età, al suo modo di pensare.

Voi restate ancora vestiti di dignità, lì sull’asfalto, quando i soccorsi arrivano troppo tardi. Tutti quelli con il cellulare in mano che mai più prenderanno tutte le emotions che hanno acchiappato oggi sono nudi come vermi e del battito del loro cuore non c’è traccia: si è fermato molto tempo prima del vostro. L’unico rumore che si sente è il suono metallico e robotico di avviso delle notifiche.

  Arianna Salemi

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Redazione