Marinella Fiume, una femminista siciliana che racconta le donne di Capizzi e le “marocchinate”

Riuscita manifestazione al Castello di Donnafugata organizzata dalla Case delle Donne di Ragusa

di Anna Caschetto

Un fiume in piena (mai il ricorso al nomen omen è stato così appropriato) l’ospite di venerdì sera nello spazio dedicato agli eventi culturali all’interno del Parco del Castello di Donnafugata, il maniero che già nella sua denominazione ingloba la parola donna ed aspetta che venga chiarito definitivamente il significato di quel, forse appellativo, ” fugata”.

Scrittrice, femminista e attivista in ambito socio-politico, Fiume vanta anche un’esperienza in campo amministrativo come sindaca della cittadina di Fiumefreddo. 

Dopo aver annunciato i saluti delle varie associazioni ed enti promotori dell’incontro ha brillantemente ed empaticamente coordinato gli interventi degli invitati a relazionare l’avvocata modicana Angela Allegria, socia della Casa delle donne di Ragusa che, nell’ambito della serata ha nominato sua Socia Onoraria proprio la Fiume. 

Se fino a qualche anno fa l’ accettazione di un bambino concepito con uno sconosciuto aveva avuto un sapore quasi romantico per via di quel 4 marzo evocato da Lucio Dalla in una sua famosa canzone, il medesimo anno, il 1943 per l’esattezza, dopo la ricerca- denuncia curata da Marinella Fiume nel suo libro “Le ciociare  di Capizzi“, inserito dall’editore Iacobelli nella collana “Frammenti di Memoria“, risuona  invece di violenza, anzi di crimine, in quanto concepisce la donna come un oggetto facente parte del bottino di guerra. 

Dall’accurata  indagine condotta dalla Fiume insieme alle socie della FIDAPA capitina, emerge il dato, numericamente molto rilevante, che tante donne di Capizzi, prova ne siano  le testimonianze delle nipoti e dei nipoti, furono violentate e alcune addirittura “fatte come nuove” dai goumiers, i marocchini dell’esercito francese, in occasione dell’operazione Husky. 



intervento di Giuseppe Nuccio Iacono, direttore del MUDECO

L’accurata e puntigliosa ricerca, supportata anche da un interessante apparato iconografico,  protrattasi per ben due anni, ha per incipit  un testo di Primo Levi che evidenzia il potere di restituzione oltre che di mera conoscenza della Memoria, si giova di un saggio introduttivo della sociologa Maria Pia Fontana, della postfazione dell’avvocata Melinda Calandra e del contributo del veterinario Giuseppe Vivaldi Maimone, esperto di storia militare. 

Sulla copertina un’immagine straziata e straziante di quella Sophia Loren che vinse l’Oscar proprio per l’interpretazione del film LA CIOCIARA, tratto da un  romanzo di Alberto Moravia e diretto da Vittorio De Sica.

La mentalità in vigore in quel periodo bellico considerava “naturale” per i soldati il ricorso allo stupro visto come una sorta di compensazione alla lontananza dalle famiglie ed un facile  rimedio allo stress psicofisico della guerra. 

Di queste, in seguito dette, “marocchinate“, ma nei gruppi erano presenti anche etiopi e senegalesi, la comunità capitina, e non solo, avrebbe voluto fare volentieri a meno, tanto è vero, com’è vero, che alcuni mariti, fidanzati e padri (perché sì, anche le bambine non venivano risparmiate) si accinsero a farsi giustizia da sé e tanti concepiti furono tenuti proprio perché era difficile accettarne la paternità. 

” Marocchinate” delle quali, implora la curatrice, aspettiamo tutti ancora delle pubbliche scuse… perché, aggiungiamo noi, è ormai stato, fortunatamente, archiviato da tempo il concetto presente nei vecchi codici secondo il quale VIS GRATA PUELLAE EST. 

Anna Caschetto 

Nella foto di copertina: Angela Allegria, Marinella Fiume e Melinda Calandra

Angela Allegria, Le ciociare di Capizzi

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