Sul consiglio del “dissesto”, le considerazioni del Presidente della Società Operaia di Modica Alta

Riceviamo e pubblichiamo una lettera firmata dal Presidente della Società Carlo Papa di Modica Alta che fa un’analisi molto interessante sull’ultima seduta del consiglio comunale di Modica e sui risvolti politici della stessa.
“La seduta del 30 gennaio ha fatto cadere l’ultima foglia di fico sul segreto di Pulcinella che ribolliva, fra le mura di Palazzo San Domenico, all’interno di un Consiglio comunale espressione di una maggioranza straripante ma spaccato in più fazioni, “l’un contro l’altra armata”. A dire di chi ha seguito la seduta, non c’è stato da parte di parecchi consiglieri solo un fastidioso stridio di unghie sugli specchi, ma anche e soprattutto tanta e poi tanta e ancora tanta malafede condita col tentativo di negare l’evidenza dei fatti. Comportamenti improntati a un’insopportabile faccia tosta, mirati a evitare di fare torto “al loro dante causa” e nello stesso tempo a negare ogni consapevole corresponsabilità per evitare, volenti o nolenti, di doversi fare carico di fronte alla città della gravità del disastro economico di cui si sono resi corresponsabili.
Non mi piace sparare nel mucchio, ma mutuando un proverbio in latino maccheronico che usavamo goliardicamente ai tempi del liceo “Verba generalia non sunt impiccicatoria” una riflessione va fatta: quale pianeta abitavano molti dei modicani che oggi si dichiarano indignati? Chi ha votato questi tipi in occasione delle varie elezioni amministrative che hanno sancito la composizione degli ultimi Consigli Comunali dove “la fedeltà al capo” è stata l’elemento di merito dominante?
Io ricordo a me stesso che l’ultima tornata elettorale ha assegnato alle varie liste orbitanti attorno all’onnipotente Ignazio Abbate una maggioranza bulgara. La nostra realtà sociale negli scorsi decenni, a prescindere dal colore politico, era solita affidare la gestione della cosa pubblica alle migliori risorse della città, con le possibili eccezioni rimaste sempre e comunque eccezione: non credo sia offensivo affermare che gli interessi politici dell’Abbate, negli ultimi due confronti elettorali, abbiano invertito questo trend e imposto in modo prevalente scelte che sono andate in direzione diametralmente opposta rispetto al merito. Se le tante mancette e prebende, prima promesse e poi abilmente distribuite, sono riuscite ad abbassare vertiginosamente il livello politico della nostra Modica, perché cerchiamo su Marte i responsabili di questo inevitabile epilogo?
A scegliere Abbate come capo indiscusso della nostra realtà politica e ad accettarne supinamente i metodi sono stati tanti (in realtà troppi) modicani, molti dei quali non esiteranno un solo istante a lamentarsi delle conseguenze che a far data da oggi pagheremo tutti.
A carte scoperte finalmente emergerà la consapevolezza che Abbate ha avuto sin dal primo istante della sua sindacatura un solo obiettivo: la propria carriera politica; poco o nulla importava che a pagare il costo di alcune scelte amministrativamente scellerate ed eticamente improponibili sarebbe stata l’intera collettività. Per farlo era necessario che il Consiglio comunale fosse composto da consiglieri (con tutto il rispetto dovuto al motto dell’Arma) “usi a obbedir tacendo”. Ma necessitava anche dell’apporto dei pennivendoli al servizio del potente di turno; questi ultimi, dopo aver rotto tutti gli specchi di casa loro, non perdevano tempo ad alzare il loro indice accusatore, a negare la realtà, a sollevare polveroni con argomentazioni distorte o capziose, fonte inesauribile di un’irrefrenabile verbosità ostentata come motivo di vanto e a trasformare in nemico acerrimo da abbattere con qualsiasi mezzo chi osava mettersi di traverso. Anche di questi tizi ha avuto bisogno il “sistema Abbate”, ed è riuscito a procurarseli senza andare troppo per il sottile: “tu (volutamente minuscolo) dai una cosa a me, io dò una cosa a te”.
Così è stato!
Di tutto il resto avremo modo di riparlare.
Giorgio Casa
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