L’associazionismo, cartina di tornasole della decadenza politica modicana

Acuta riflessione dell’autore sulla responsabilità di ciascun attore sociale

( di Carmelo Modica) – Fu durante una serata a Roma, nel 1968 o 1969 (circa 44-45 anni fa), che il recensore – di cui non ricordiamo il nome, forse Enzo Erra, Pino Rauti o Fausto Gianfranceschi, tutti appartenenti al gruppo dei “figli del sole” – sintetizzò per i presenti il pensiero di Evola.

Durante la presentazione del libro Cavalcare la tigre, che avevamo appena finito di leggere, espresse il precetto: “Fa che ciò su cui nulla puoi, nulla possa su di te”, attribuendolo a Evola. Lo annotammo subito, considerandolo una guida per un agire ideale, in parte già interiorizzato grazie alla lettura di Gli uomini e le rovine e La dottrina del risveglio.

Sì, stiamo parlando del “barone nero”, quel personaggio trascurato dalla storia anche grazie a una sinistra tanto ignorante da poter essere descritta solo con la metafora della “terza narice” di Guareschi.

Tale ignoranza ha portato a criminalizzare chiunque si interroghi su come non farsi degradare da quel “ciò su cui nulla puoi”, percepito come una possibile e pericolosa infezione capace di corrompere. Eppure è normale, come risultato di una corretta elaborazione del pensiero, chiedersi se l’impossibilità di modificare quel “ciò su cui nulla puoi” dipenda dalla scarsa qualità della propria azione risanatrice o se sia il proprio modo di essere a far percepire che quel “ciò su cui nulla puoi” possieda un potenziale contaminatore capace di avere il sopravvento.

Tutto ciò lo stiamo percependo, adesso in particolare, perché, da soci di due associazioni, stiamo vivendo in maniera solare come il loro governo non sia dissimile da quanto viene rimproverato alla cattiva politica – sempre cattiva, chiunque vada elettoralmente al potere.

Dai loro vertici viene rimproverata scarsa assistenza e sostegno, trovando così, come fa la stessa politica, sempre altrove le cause della propria assenza di iniziative, dello scarso impegno, della scarsa progettualità. Il risultato naturale è che si concretizzano solo operazioni di scarso valore, una sorta di minimo sindacale privo di prospettive, tradendo in modo evidente gli scopi istituzionali dello Statuto, che vengono esibiti pomposamente durante le riunioni pubbliche. In questo contesto, non può che rimanere l’ostentazione di risultati di mediocre valore, elevati però a successi degni di nota.

A peggiorare la situazione si aggiunge la costante esibizione delle cariche, accompagnata da violazioni dello Statuto e da una totale assenza di democrazia interna, mantenuta tramite il controllo del pacchetto necessario di soci per dominare l’Assemblea. In queste condizioni, l’assimilazione con la politica diventa quella di un vero fratello siamese.

Così avviene il perfetto incontro tra due pigrizie: quella dell’Amministrazione, che esibisce un “fare” istituendo “l’albo delle associazioni comunali” senza curarsi di avviarne scopo e attività, e la pigrizia delle associazioni, che o non partecipano per nulla oppure, se partecipano, non si curano di far superare questa inerzia dell’Amministrazione con autoconvocazioni e inviti ad agire.

O, analogamente, la pigrizia di un Commissario straordinario del Libero Consorzio Comunale di Ragusa, che convoca una riunione dei responsabili delle Pro Loco iblee con la quale soddisfa l’ostentazione di un fare istituzionale, facendo poi seguire la pigrizia del non chiedere conto alle Pro Loco intervenute dell’impegno assunto di contribuire a redigere un piano di azione condiviso in logica provinciale.

Pigrizia istituzionale ormai strutturata, che trova conforto e vita in quella corrispondente delle Pro Loco, alcune delle quali non hanno nemmeno informato i soci del fatto. Ma queste sommatorie di pigrizie sono solo ignavia, fiacchezza e apatia, o sono altro?

Non è solo una presunta pigrizia a accomunare la società civile alla politica politicante, ma anche una contraddizione che li rende illuminatamente simili: la distanza tra il modello democratico sempre ostentato e il modello reale autocratico sempre praticato. Quest’ultimo si esprime ora violando sistematicamente lo Statuto, ignorando coloro che lo fanno rilevare, ora non adeguando uno Statuto antiquato alle nuove norme sul Terzo Settore, riuscendo comunque a violarne le norme, benché già restrittive.

In questi climi ci siamo chiesti cos’altro fare dinanzi a situazioni che appaiono immodificabili, con l’unico risultato di far agire quell’evoliano “Fa che ciò su cui nulla puoi, nulla possa su di te”. Prendere atto che esiste un “nulla” immodificabile, o meglio modificabile solo con azioni che, per essere efficaci, potrebbero farci assorbire la degradazione fino a restarne vittime.

Queste considerazioni sono dettate dalla tristezza di verificare che l’infezione della demolizione del pensiero critico, provocata dalla politica, sta raggiungendo anche la società civile. Oltre a una decente attività nel campo della cultura erudita, sopravvive un’informazione di carattere politico condotta solo da pochissime testate online e su carta stampata.

In simili condizioni, a livello individuale, non rimane altro che una forma di distacco attivo, ovvero uno sforzo interiore di non lasciarsi degradare, travolgere o corrompere da ciò che è al di fuori del nostro controllo, in attesa che, nella società, dal caos si avvii un processo di autocritica che parta dal riconoscimento delle responsabilità di ciascun attore sociale. Solo allora una rinnovata consapevolezza e un impegno fermo potranno diventare possibili.

Carmelo Modica

Nella foto di copertina la riunione delle Pro Loco presso il Libero Consorzio di Ragusa

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