Da un 86enne il dono della vita: prelevati organi al “Giovanni Paolo II” di Ragusa

Anche da una persona anziana, grazie ad un estremo gesto di generosità è possibile ricevere speranza di vita. Lo ha dimostrato un uomo di 86 anni che a Ragusa ha deciso di donare i suoi organi.

Un prelievo d’organi, reso straordinario dall’età del donatore. Un “grande anziano”, deceduto all’età di 86 anni, ha donato il fegato e permesso a un giovane ricevente di continuare a vivere. Il Commissario straordinario dell’ASP, dott. Giuseppe Drago, ha espresso, a nome dell’Azienda, “cordoglio, vicinanza e gratitudine nei confronti della famiglia, che in un momento così intimo e doloroso ha avuto la forza di pensare agli altri. Desidero, inoltre, esprimere un ringraziamento speciale nei confronti di tutti gli operatori dell’ospedale che hanno contribuito alla donazione, un evento per il quale, notoriamente, si mette in moto un’organizzazione enorme”.

La dottoressa Francesca Corsaro, coordinatore locale dell’ASP di Ragusa per i trapianti, sottolinea che “nella nostra provincia cresce sempre di più la sensibilità al tema della donazione. Nell’ambito del progetto aziendale Conoscere per donare, che vuole promuovere e sostenere la cultura della donazione degli organi in base al principio che solo la conoscenza porta a scelte consapevoli, stiamo facendo incontri presso le scuole di tutta la provincia con l’obiettivo di mettere in risalto, tramite gli addetti ai lavori, l’importanza che la donazione degli organi riveste per l’intera comunità e stimolare al contempo una consapevolezza partecipata che possa sostenere gli studenti/cittadini nella maturazione delle riflessioni sull’alto valore civico e morale di un gesto così nobile ed indefettibile”.

Riguardo al prelievo effettuato al “Giovanni Paolo II”, un elemento di grande interesse è rappresentato dall’età del donatore. “Non esistono più limiti di età per la donazione – dice la dottoressa Corsaro -. Oggi siamo in grado di utilizzare organi che fino a qualche anno fa non sarebbero mai stati prelevati. Tutto questo grazie all’introduzione di tecniche fortemente innovative. Ciò è di grande speranza per i pazienti in attesa e le loro famiglie. Un’altra circostanza che dà particolare significato a quest’ultima procedura, è che la quasi totalità del personale sanitario che ha gestito con grande amorevolezza e tenacia il donatore era formato da donne, compresi i due chirurghi dell’Ismett”.

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