L’esecutivo regionale di Italia Viva bacchetta Schifani sulla gestione delle reti idriche

E così dopo la Sanità con le nomine dei Direttori Generali delle Aziende Sanitarie, la gestione dei rifiuti con l’annosa questione dei termovalorizzatori, il Ponte sullo Stretto con lo scippo nazionale delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, la maggioranza al governo della Regione Sicilia ha trovato un nuovo terreno di scontro. Sempre per tutelare gli interessi di bottega, per garantirsi qualche poltrona per gli amici, il tutto, inutile dirlo, sulle spalle dei siciliani.

Il tema del giorno è quello della gestione delle reti idriche sulle quali il governo regionale intende imprimere una accelerazione nella direzione della privatizzazione con la formazione di società miste tra pubblico e privato. E dove localmente si incontrano difficoltà e resistenze, la Giunta non esita ad inviare commissari.

Il tutto naturalmente avviene in una situazione generale certamente non entusiasmante. Assumendo quale parametro di riferimento l’efficienza della rete e cioè il rapporto percentuale tra l’acqua che va dispersa e quella immessa nella rete, le città siciliane (come al solito) sono fanalino di coda, dimostrando inequivocabilmente come la rete siciliana sia un vero e proprio colabrodo.

Non solo: esistono grossi problemi di inefficienze gestionali, ma anche sulla qualità dell’acqua, insieme alla atavica scarsezza di disponibilità, elemento quest’ultimo ancor più grave in prospettiva, tenendo conto dei cambiamenti climatici con l’incremento della temperatura media. Il tutto con tariffe praticate mediamente molto elevate e certamente non rispondenti alla qualità del servizio offerto.

Di fronte a tale situazione, non mi sembra che il problema primario sia il modello di governance delle aziende di gestione delle reti. Al contrario, mi sembra necessaria un’azione di grande portata, con interventi infrastrutturali importanti, in primis a carico della rete colabrodo.

E allora credo che il sistema dei 9 Ambiti Territoriali Ottimali, corrispondenti alle 9 Province, debba essere superato, in favore di un unico ATO regionale. In un quadro così disastrato, che richiede azioni forzi, incisive e ponderose, occorre unicità di strategia ed azione a livello regionale, occorre avere chiaro e presente il quadro complessivo per verificare ove siano necessari gli interventi più urgenti, occorre avere una adeguata capacità progettuale, occorre infine sfruttare tutte le possibili economie di scala, che solo su un livello più elevato possono essere ottenute. La drammaticità della situazione, ben chiara a tutti i cittadini siciliani, non può che portare a questa soluzione, al fine di sfruttare nel modo più efficace ed efficiente tutte le risorse disponibili.

Parcellizzare le competenze, rimanendo su un livello più circoscritto, annulla tutti i vantaggi anzidetti e serve soltanto per moltiplicare le poltrone, per assicurare posizioni di prestigio e ben remunerate a più clientes, non certamente per ottimizzare un sistema che oggi sembra invece debba essere totalmente ricostruito.

Stabilito il principio della unicità dell’ATO ci si potrà sbizzarrire sul modello gestionale, considerando che l’acqua è un bene pubblico che va gestito con principi di interesse pubblico.

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