Nel libro, “Iblei Qui è un’altra Sicilia” di Giuseppe Leone, tutto il mondo contadino di un tempo sospeso

(di Giovanni Franco – Ansa) Per Italo Calvino “la sfida al labirinto non è quella di trovare l’uscita il prima possibile, ma quella di viverne appieno l’esperienza, assumendo un ruolo attivo di fronte alle continue scelte del mistero dell’esistenza”, ed è guardando quei cunicoli dei muri a secco nel ragusano che l’Unesco ha definito “il più importante modello di organizzazione del paesaggio dell’area del Mediterraneo”, ritratti in un rigoroso bianco e nero dall’obiettivo di Giuseppe Leone che tornano in mente le parole dello scrittore di cui quest’anno ricorre il centenario.


    Perché negli scatti raccolti nel libro, appena pubblicato, “Iblei Qui è un’altra Sicilia”, con testi di Salvatore Silvano Nigro e Piero Guccione e Lanfranco Colombo, (edizioni Plumelia, pagine 246, euro 50), il fotografo 87enne di Ragusa si cala nel paesaggio della sua terra in un racconto di testimonianza di un tempo sospeso, legato alla cultura contadina con la descrizione delle feste, del duro lavoro dei campi e del trascorrere della vita nelle città.

“Conoscere le proprie radici e il proprio territorio – afferma Leone – è il modo migliore per poterlo raccontare, sondare gli scorci più suggestivi mi ha permesso di comprendere le parole del viaggiatore scozzese Patrick Brydone che danno il titolo a questo volume”.

    Istantanee che descrivono più di mezzo secolo di storia: dalle riforme agrarie del secondo dopoguerra, passando per il boom economico, sino al riconoscimento Unesco delle città tardo barocche del Val di Noto.

Protagonisti sono le persone e il paesaggio, entrambi ritratti con il grandangolo, che ti fanno percorrere un viaggio di suggestioni in un panorama a volte brullo, a volte cosparso di vigneti ripresi durante il rito della vendemmia. E poi spiccano tanti contadini che si muovono nelle trazzere e nelle strade cittadine con i loro immancabili muli. E ancora i volti gioiosi del bambini che giocano all’aperto spesso davanti alle loro madri che ricamano sui telai. Ripresi anche i momenti intensi delle feste religiose con in santi portati a spalla anche in aperta campagna. In tutte le immagini non c’è mai uno strizzare l’occhio alla leziosità o all’esaltazione di un’iconografia bucolica di stampo romantica.

Sono fotogrammi di vita reale, una narrazione antropologica, realizzati da un autore che usa la tecnica dei reportage tramandata dai fondatori dell’agenzia Magnum fondata nel 1947 da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger.

“A quindici anni iniziai quel lungo percorso fotografico – aggiunge Leone – che mi portò a scoprire soprattutto il mondo contadino, le sue tradizioni e le sue culture: un mondo, quello agrario che già si accingeva alla trasformazione, ne intuii infatti i primi sintomi di disfacimento”.

Da allora l’autore non ha mai smesso di analizzare quella realtà. Scrive Nigro, nella prefazione: “Quello dedicato agli Iblei è uno dei capitoli di quello sterminato ‘romanzo’ per immagino che Leone è andato costruendo negli anni. Un reportage narrativo degno della letteratura dei suoi compagni di strada: Leonardo Sciascia, Vincenzo , Consolo, Gesualdo Bufalino, senza dimenticare Antonino Uccello, poeta sognante che il suo ‘romanzo ‘ ci ha lasciato a Palazzolo Acreide in forma di casa museo del mondo contadino siciliano”.

L’artista ragusano ha pubblicato oltre 50 volumi con vari editori come Sellerio, Eri, Electa, Bompiani, e realizzato mostre in Italia e all’estero. (Ansa)

Giuseppe Leone, Lanfranco Colombo, Piero Guccione, Plumelia, Salvatore Silvano Nigro

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