Criminalità organizzata: anche in provincia di Ragusa prevale il modello dell’infiltrazione economico-finanziaria

La relazione semestrale della D.I.A. parla dell’organizzazione nell’area iblea

La D.I.A. la Direzione Investigativa Antimafia ha pubblicato il 30 settembre, la relazione semestrale presentata dal Ministro dell’interno e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del secondo semestre del 2021.

L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e conferma, ancora una volta, che il modello ispiratore delle diverse organizzazioni criminali di tipo mafioso appare sempre meno legato a eclatanti manifestazioni di violenza ed è, invece, rivolto verso l’infiltrazione economico-finanziaria.

In questo articolo riporteremo alcune affermazioni tratte dalla presentazione della lunga e articolata relazione che ci consentono di comprendere meglio alcuni aspetti importanti che meritano di essere messi in rilievo e che riguardano anche il nostro territorio.

Bisogna sottolineare che l’inquinamento dell’economia sana è aspetto fondamentale per la sopravvivenza delle organizzazioni criminali fondamentale per accumulare ricchezza ma il dato che emerge oggi è che a causa dell’attuale crisi economica questo fenomeno è accentuato in quanto è diventato più facile invadere il campo dell’imprenditoria legale per disporre di strumenti idonei a intercettare i finanziamenti pubblici. Le organizzazioni mafiose peraltro si fanno anche impresa sfruttando rapporti di collaborazione con professionisti collusi la cui opera viene finalizzata a massimizzare la capacità di reinvestimento dei proventi illeciti con transazioni economiche a volte concluse anche oltre confine.

Per quanto riguarda la criminalità organizzata siciliana le estorsioni, la gestione del gaming e il traffico di stupefacenti sono confermate come primarie fonti di guadagno.

Continua inoltre a persistere senza cenni di cedimento la volontà di fare impresa penetrando la rete produttiva, commerciale e della distribuzione, nonché infiltrando le Amministrazioni pubbliche.

Le consorterie mafiose siciliane continuano a manifestare un’elevatissima resilienza ed un’ostinata volontà di riorganizzarsi. Tale caratteristica si realizza sia sul versante occidentale dell’Isola dove pur in assenza di un organismo decisionale di vertice, non ancora ricostituito, resiste una rigida struttura organizzativa, sia sull’assetto catanese ove le famiglie si confrontano con sodalizi meno strutturati ma non meno aggressivi stringendo all’occorrenza alleanze criminali finalizzate al raggiungimento di specifici obiettivi criminali.

Anche la provincia di Ragusa deve coesistere con fenomeni di criminalità mafiose gestite da distinte organizzazioni.

Da un lato la “stidda” particolarmente radicata nei territori di Vittoria, Comiso, Acate, dall’altro “cosa nostra” la quale risente dell’influenza dalle vicine consorterie catanesi. A Vittoria si rileva un assetto pressoché stabile dell’organizzazione stiddara dove il clan Dominante-Carbonaro continua ad essere il sodalizio di maggiore caratura. In antitesi ai Dominante-Carbonaro nel territorio ibleo opererebbero i fratelli Piscopo legati alla famiglia di cosa nostra nissena degli Emmanuello.

A Scicli permane invece l’influenza del gruppo dei Mormina propaggine della famiglia Mazzei di Catania e dedito prevalentemente ai settori criminali degli stupefacenti e delle estorsioni.

Nel semestre di riferimento le operazioni ed i sequestri (182) eseguiti dalle forze di polizia confermano il traffico e lo spaccio di stupefacenti quali principali fonti di profitto della criminalità organizzata.

Proprio in questo settore le organizzazioni mostrano una composizione prevalentemente multietnica e ben integrata nel tessuto criminale locale. Ciò trova riscontro nell’indagine “La Vallette” che ha consentito di disarticolare un cartello operante tra Sicilia, Calabria e Malta composto da soggetti catanesi, ragusani, albanesi, calabresi e maltesi, nonché dedito al traffico di cocaina, hashish, marijuana.

La base operativa dell’organizzazione era Ispica e l’approvvigionamento della droga avveniva secondo un duplice canale albanese e calabrese. Lo stupefacente una volta giunto in Sicilia attraverso i predetti canali veniva immesso sul mercato locale tra le province di Siracusa e Ragusa e smistato anche in Lombardia e a Malta. Di rilievo è anche l’operazione “Bad Uncle” del 2 dicembre 2021 che ha disvelato un’articolata rete di spaccio di cocaina, marijuana, hashish e crack tra Modica, Ispica e Pozzallo documentando migliaia di cessioni di stupefacenti anche a minori.

Tra i soggetti indagati molti dei quali beneficiari del reddito di cittadinanza anche un esponente del clan etneo Cappello. Gli interessi delle organizzazioni criminali ragusane appaiono peraltro prevalentemente orientati all’infiltrazione nelle attività economiche “pulite” dove vengono investite le somme di denaro nel tempo illegalmente accumulate.

In tal senso si conferma settore particolarmente sensibile la gestione dell’agroalimentare, anche in ragione della presenza del mercato ortofrutticolo di Vittoria punto di raccolta e smistamento della produzione agricola che rappresenta una importante fonte di guadagno e pertanto obiettivo appetibile per i sodalizi mafiosi.

Da non sottovalutare, infine, la capacità delle organizzazioni mafiose locali di ingerirsi anche nella provincia iblea nei meccanismi di gestione degli Enti locali e che in passato come noto ha condotto allo scioglimento del Comune di Vittoria di cui recentemente si sono tenute le elezioni amministrative.

Un lavoro importante quello della DIA che conferma quanto era stato previsto trent’anni fa dai giudici Falcone e Borsellino che avevano fortemente voluto ed avviato quell’“architettura antimafia” di cui la DIA è parte integrante finalizzata a colpire i sodalizi anche sotto il profilo patrimoniale arginandone il riutilizzo dei capitali illecitamente accumulati nell’ambito dei mercati economici per evitarne l’inquinamento.

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