La Sicilia in calo demografico di oltre il 2% e con uno stato di salute complicato sul piano economico

Negli ultimi 25 anni la Sicilia ha perso ben oltre il 2% della popolazione, circostanza che ha influito sul rendimento della crescita economica, cinque volte in meno rispetto alla media nazionale.

Dai 5.007.000 di residenti del 1995 si è passati ai 4.788.000 del 2022 con un calo, dal 1996 al 2019, che si attesta al 2,3% (nel Mezzogiorno la media è del 2,0%) mentre dal 2020 al 2022 è stato del 2,1% (nel resto del Mezzogiorno la media è del 2,4%).

E’ quanto ha rilevato il presidente di Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti, partecipando ai lavori della trentaseiesima assemblea generale della confederazione che, tenutasi a Roma, ha visto, tra gli altri, la partecipazione del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti espressamente invitato dal presidente nazionale Carlo Sangalli. Un altro dato che riguarda la Sicilia è riferita all’Unità di lavoro standard, la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato a tempo pieno.

“Nel 1995 – sottolinea Manenti riferendosi ai dati dell’isola – era di 1.560.000 ed è scesa a 1.461.000 nel 2022 con una variazione negativa in percentuale del 4,5 dal 1996 al 2019 e sempre in calo, ma del 2%, nel periodo tra il 2021 e il 2022”.

“Oltre a dovere fare i conti con la solita lunga lista di problemi infrastrutturali che affliggono la Sicilia – continua Manenti – ci confrontiamo, pure, con questi dati che dicono molto sulle prestazioni economiche a mezzo servizio della nostra realtà e ci aiutano a chiarire perché siamo cresciuti meno rispetto al resto del Paese e, in alcuni casi, anche ad alcune altre aree del Mezzogiorno. Riteniamo che si tratti di una questione, soprattutto quella del calo degli indici demografici che poi, giocoforza, si riflette anche sui numeri dell’occupazione, a cui dedicare il massimo impegno in termini di politiche di lungo termine. C’è, intanto, il problema inflazione, vista in aumento, quest’anno, del 6,8% solo in Sicilia e che, però, nel 2023, dovrebbe tornare a un meno allarmante +3%. I dati forniti dall’Ufficio studi nazionale di Confcommercio fotografano, dal punto di vista economico, uno stato di salute della nostra isola alquanto problematico e rispetto a cui, anche attraverso uno specifico patto sociale, come invocato da più parti, è necessario rimettersi in carreggiata”.

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