L’Isis e la distruzione ideologica del patrimonio artistico: beni e reperti trafugati tra Siria e Iraq

Un altro articolo scritto dagli allievi del Liceo Fermi di Ragusa

Le distruzioni del patrimonio storico e artistico in Siria e Iraq non sono iniziate con l’emergere del cosiddetto Stato islamico e l’occupazione dell’alta Mesopotamia da parte delle sue milizie.

La guerra civile siriana era iniziata prima e tutte le fazioni in lotta erano già responsabili di gravissime violazioni di numerosi siti storici, compresi i luoghi dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Tuttavia, negli spazi occupati dai jihadisti a partire dalla fine del 2013 si è aggiunto un carattere intenzionale nelle distruzioni dei simboli di archeologia e arte dei popoli nemici, provocate da motivazioni ideologiche e religiose.

In Iraq, un patrimonio già sottoposto a pericoli e degrado durante le guerre di Saddam Hussein, ha visto un grave aumento dei danni dopo l’invasione occidentale del 2003, fino al precipitare della situazione con la conquista di Mosul nel 2014.

La violenza iconoclasta scatenata dagli uomini del cosiddetto Califfato, proclamato da Abu Bakr al Baghdadi, non ha equivalenti nella storia contemporanea e comporta un accanimento contro la memoria stessa di popoli e civiltà che hanno vissuto in questa terra cruciale per la storia dell’umanità.

Si assiste ad una epurazione di tutte le diversità etnico-religiose che non fossero strettamente aderenti al credo sunnita estremistico cui si ispiravano gli ideologi jihadisti creatori dell’Isis. Proprio la presenza di instabilità in alcuni contesti crea terreno fertile per la diffusione del fenomeno della rimozione dei beni culturali da luoghi archeologici e paleontologici. I beni culturali in Siria e Iraq sono stati non solamente danneggiati ma anche rubati e rivenduti all’estero.

Il caso più eclatante è quello del Museo nazionale iracheno di Baghdad: 15.000 reperti archeologici depredati. Anche la Siria ha vissuto momenti drammatici: indimenticabili le immagini e i video di alcuni membri dell’ISIS che attaccarono e distrussero alcune parti di Palmira.

Tra gli studi più recenti su questo fenomeno vi è quello di Vlasic e Turku, riguardo l’autofinanziamento dell’ISIS come organizzazione terroristica dedita sia a esportare oggetti di grande valore artistico e storico sia a distruggere resti delle antiche civiltà. Infatti, le distruzioni e i furti fanno parte, oltre che di un grave oltraggio all’arte, di una campagna di propaganda politica e religiosa interna al gruppo,che negli anni si è via via organizzato su di un network complesso e articolato di militanti, che utilizzano come strumento legittimante la religione. Così viene a crearsi quello scisma tra islam sunnita radicale e islam sciita che considerato idolatro, e quindi eretico, deve essere abbattuto.

“L’inizio dei disordini civili e il successivo conflitto armato in Siria nel marzo 2011 è stato accompagnato da un’ondata di segnalazioni nei media convenzionali e sui social dei danni inflitti al patrimonio culturale. Siti archeologici, musei, monumenti storici ed edifici religiosi sono stati

danneggiati sia intenzionalmente che non intenzionalmente da azioni militari, attacchi ideologicamente motivati, furti e saccheggi per motivi commerciali e lavori di costruzione non autorizzati.” afferma l’ONU, impegnato a sviluppare un piano d’azione in linea con la politica di protezione e recupero, attraverso un programma d’azione globale che definisce una serie di obiettivi operativi.

Unica luce in tale scenario, la passione e il sacrificio di archeologi, perlopiù siriani e iracheni, impegnati nella difesa e nella ricostruzione che deve avvenire, insieme alla rinascita della vita civile.

Come per esempio, il giovane Nenous Thabit, che a 17 anni combatte il terrorismo con l’arte. Cresciuto in mezzo all’arte e agli artisti fin da piccolo, ha deciso di ricostruire nel laboratorio d’arte di famiglia 18 statue distrutte dai terroristi a Nimrud. O ancora, l’artista Moreshin Allahyari con la sua stampa in 3D che riproduce fedelmente le opere perdute inserendo in ognuna di esse una memory card in cui sono custodite tutte le informazioni relative al pezzo originale in un progetto chiamato “Material Speculation”.

Difatti, ricostruire e resistere sono due elementi di grandissima importanza per le generazioni future. Oltre che forti segnali politici, permettono a chi verrà dopo di conoscere l’arte, anche quella andata distrutta e la sua storia. Per questo motivo non si può permettere a nessuno il diritto di distruggere l’arte di una civiltà e di cancellare pezzi della sua storia.

Lavoro realizzato da: Maria Chiara Licitra, Marta Licitra, Elena Massari, Alessandra Conti, Chiara Antoci e Lorenzo Criscione

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